La "bellezza del lavoro",
canone fondamentale dell'etica sociale tedesca, è nata così. Creato
dal nazismo il Fronte tedesco del Lavoro, fu formulata la domanda:
un'officina, un cantiere, un laboratorio, una fabbrica possono essere
– senza danno – belli?. La risposta era stata affermativa e tutte
le recenti attrezzature produttive del Reich, anche quelle sorte
durante la guerra, furono ispirate a quella risposta. Luce, nitore,
ordine, proprietà, finestre ampie spalancate su visioni agresti,
piantagioni di verde e di fiori in ogni spazio industrialmente non
utilizzato, vasi di fiori ai davanzali delle officine fumose.
Architetti di prim'ordine furono incaricati di erigere fabbriche e
cantieri e lo fecero spesso come se essi fossero stati i mandatari
degli stessi operai che vi dovevano star dentro.
Bellezza del lavoro ed obbligatorietà
del lavoro. Una legge del 1935 stabiliva che tutti i cittadini
tedeschi dei due sessi, di qualunque condizione, nel periodo
intercorrente tra il compimento degli studi secondari e il servizio
militare "sono tenuti a servire il popolo nel Servizio del
Lavoro". La stessa legge definiva quell'obbligo un "servizio
d'onore" e sanciva che aveva per scopo il compimento di opere di
utilità collettiva. Dal primo ottobre del '37 la legge ebbe pratica
applicazione. Il reclutamento delle falangi dei lavoratori obbligati
fu fissato al principio del ventesimo anno, la durata del servizio a
sei mesi. Per le donne il servizio del lavoro fu inizialmente
volontario: diecimila furono le giovinette che chiesero di lavorare
nel primo anno; nel 1939 furono circa trentacinquemila. Scoppiata la
guerra, l'obbligatorietà divenne norma inderogabile, con qualche
temperamento suggerito da convenienze contingenti. Il crescente
bisogno di manodopera aveva infatti trascinato la quasi totalità
delle diciannovenni, anche quelle che in tempi normali non lo
avrebbero fatto, a impiegare il loro tempo in occupazione rimunerate:
non v'era pertanto bisogno di obbligarle a far ciò che già facevano
spontaneamente. I sociologhi tedeschi consideravano questa
istituzione come ineluttabilmente rampollata dal trattato di
Versaglia seguito alla guerra del 1914-18. In base a quel trattato la
Germania perdè – senza considerare le colonie – il 9,5% della
sua popolazione e il 13% del suo territorio. Il Paese che si
considerava afflitto da un eccesso di popolamento ebbe dunque
aggravato quel guaio dal trattato, che, inoltre, sottrasse alla
Germania, all'ovest e all'est, territori altamente produttivi e
precisamente il 17,7% dei campi di segale, il 16,4% dei campi d'orzo,
il 14,8% dei campi di frumento e il 18% dei campi di patate,
peggiorando così quella deficitaria situazione alimentare cui essa
dovè la perdita della prima guerra mondiale.
Quando il nazismo, nel '33, assunse il
potere predisponendo di restaurare la salute e la pace della Germania
e si trovò sulle spalle sette milioni di disoccupati, affermò
subito il principio che pacificazione interna e difesa del Paese non
potevano essere conseguiti che ad un patto: che la nazione fosse
indipendente dal punto di vista alimentare e non più alla mercè di
una nazione straniera, che poteva anche affamarla negandole i
rifornimenti alimentari.
Sopra ventinove milioni di ettari di
superficie coltivabile, non meno di otto milioni e mezzo di ettari
erano allora troppo umidi e un milione di ettari troppo aridi; ossia
un terzo della superficie agricola utilizzabile era in condizioni di
non dare il reddito necessario. Vi erano, inoltre, circa quattro
milioni di ettari acquitrinosi suscettibili di essere resi fecondi; e
un milione di ettari soggetti a periodiche inondazioni. C'era la
possibilità di strappare al Mare del Nord quelle parti della costa
dello Schleswig Holstein di cui il mare si era impadronito da secoli;
c'erano, nel Sud-Ovest della Germania, cinque milioni di ettari di
terreni così frazionati che il contadino doveva accudire a una serie
di piccole frazioni lontane le une dalle altre, e quindi malamente
sfruttati. C' era, in sostanza, da affrontare e risolvere un immane
problema di bonifica terriera che richiedeva eccezionali risorse di
braccia.
Il Servizio del Lavoro fu concepito e
nacque col proposito di assegnarlo a quelle bonifiche. Ma poi,
rimandato anche per effetto della guerra il compimento delle grandi
opere risanatrici, al Servizio del Lavoro si affidò di assolvere,
sempre nel campo terriero, tutto quanto aveva carattere urgente.
Nel 1936, tre anni dopo che il nazismo
era giunto al potere, il capo del Servizio del Lavoro poteva
annunciare che esso aveva incrementato di 50 milioni di marchi il
reddito terriero, come se la Germania, in sostanza, avesse acquistato
un nuovo territorio di 150 mila ettari, quanta è la superficie della
regione della Sarre, quanto occorreva al vettovagliamento annuale di
una città di trecentomila abitanti. A quell'epoca il 70% degli
operai del Servizio del Lavoro erano adibiti a lavori agricoli, il
15% a lavoro silvestri, il 15% a lavori di carattere sociale (come
colonie urbane e rurali di abitazione). Ecco qualche esempio
documentato dei frutti di quella attività. A una quarantina di
chilometri a nord-ovest di Berlino vi sono ottantamila ettari di
terreno costituenti le paludi del Reno e dello Havel, oggetto, da due
secoli, di studi e progetti di redenzione, abbandonati per lo più
per l'alto costo delle opere di risanamento. Il Servizio del Lavoro,
costruendo oltre duecento chilometri di canali maggiori e minori di
raccolta delle acque soverchie, ha avviato quella regione a diventare
addirittura l'ortaglia di Berlino. Sulla costa del Mare del Nord,
parecchie migliaia di ettari di terreno, già soggette alle volubili
vicende delle maree, sono state definitivamente protette mediante
costruzioni di dighe: terreno fertilissimo, particolarmente adatto
all'allevamento del bestiame mercè le sue prosperose praterie. Il
piano di attuazione prevedeva di strappare al mare undicimila ettari
di terreno. È stato ugualmente merito del Servizio del Lavoro la
redenzione di seimila ettari di paludi della Slesia, già paradiso di
cacciatori avventurosi. Altri ottocentocinquanta ettari di terreni
pantanosi furono redenti nel Drömling
(provincia della Sassonia). Il Servizio del Lavoro venne fatto
intervenire in ogni circostanza di infortuni e di sinistri come
rotture di dighe, inondazioni, incendi di foreste, danni cagionati
dalla neve e dal vento.
Scoppiata
la guerra, il Servizio del Lavoro fu utilizzato anche per occorrenze
belliche. Fu detto che le compagnie del Servizio del Lavoro avevano
aperto la strada alle armate e non fu affermazione retorica laddove,
come in Polonia prima ed in Russia poi, le armate dovettero procedere
su terreni in cui quasi non esisteva una strada nel senso moderno
della parola. Appena le stazioni ferroviarie bloccate dagli attacchi
aerei cadevano in mano dei Tedeschi, gli uomini del Servizio del
Lavoro, nella loro uniforme color della terra smossa di fresco,
riattivavano il traffico.
Il
lavoro obbligatorio delle donne si svolse in principio soltanto
presso aziende rurali. Ogni mattino esse raggiungevano il luogo del
lavoro, ritornandone dopo mezzogiorno. Aiutavano la massaia nel
cortile, nel giardino, nel pollaio, nella cura dei ragazzi; un aiuto,
in rapporto all'economia nazionale, che non si poteva contenere in
cifre, ma certo molto importante. Ci si era preoccupati di non
nuocere alla femminilità, evitando che il rigidismo disciplinare e
militare governante il servizio maschile avesse comunque a esser
travasato nel campo muliebre. Taluno si era anche chiesto se non
poteva nuocere all'estetica, ossia alla gentilezza, alla
raffinatezza, all'eleganza delle giovinette cittadine, l'imposizione
prolungata, nell'età del pieno sviluppo, di lavori duri, non certo
fatti per conferire delicatezza alla persona. Il rilievo non fu preso
in considerazione da chi si preoccupava soprattutto della salute,
della prosperità e della fecondità della donna: tutte cose non
compromesse ma avvantaggiate dalla vita all'aperto, faticosa ma sana
e propulsiva. Man mano che i richiami degli uomini sotto le armi
procedevano e si faceva sempre più urgente il bisogno di mano
d'opera, l'obbligatorietà del lavoro trascurò ogni limite anche per
le donne. Esse furono mandate nelle officine e nei laboratori al pari
degli uomini e assunsero lavori tipicamente maschili.
L'amministrazione delle poste ne assunse non soltanto per recapitare
la corrispondenza a domicilio, ma anche per guidare i furgoni
elettrici. Le ferrovie le assunsero come controllori viaggianti; le
tramvie sotterranee come regolatrici della partenza dei treni. Finché
si potè, si cercò di assegnare loro incombenze più adatte al sesso
e alla condizione civile. Così le donne degli istituti religiosi,
distolte dalla vita monastica, ebbero anche incarichi nei laboratori
di sartoria e di biancheria, nelle infermerie, nelle guardarobe degli
ospedali e dei ricoveri.
In
talune grandi città la donne che più o meno apertamente facevano
vita galante, traendone i mezzi di sussistenza, furono mandate a far
le cameriere in ambienti di un certo tono, dove mancavano i camerieri
maschi; per cui si videro tipi supereleganti di femminette dalle
unghie e le labbra di porpora, pettinate come principesse, servire
squallide zuppe e piatti di verdura incondita. Si fecero inchieste
sul commercio a minuto e quando il numero delle commesse parve
esuberante, particolarmente nei negozi di lusso ove era poco il
lavoro manuale e molto il prestigio della venditrice, se ne distolse
una parte per impiegarla in lavori più proficui.
Disposizioni
regolamentari a carattere municipale stabilivano che soltanto la
famiglia con cui o più figli in tenera età aveva diritto, in via di
massima, a tenere una domestica e in questo modo si raccolsero altre
falangi di donne che, distolte dai lavori ancillari, accrebbero gli
eserciti femminili mandati al combattere nelle officine. D'altronde
la circostanza che ogni donna maritata aveva, se appena possibile, il
diritto di prendere il posto del marito nella sua occupazione
rimunerata portò ad un rapido aumento del contingente delle donne
anziane nel quadro dell'economia di guerra. Di fronte a cento donne
che nel 1932 esercitavano un mestiere o una professione, nel 1941 se
ne ebbero centosessantaquattro perché erano occupate anche le donne
oltre il sessantacinquesimo anno, nonché donne maritate e madri di
famiglia. Alle donne che per ragioni di età o d'altro non avevano
nessun obbligo e che pure si offrivano volontariamente, fu rilasciata
una tessera di riconoscimento personale con impressa la lettera K
(Krieg: guerra) significante che esse erano operaie o
professioniste o lavoratrici per necessità di guerra e fu una
tessera che costituiva un documento d'onore, quasi una decorazione.
Anche
a prescindere dalle necessità di guerra, il lavoro, così concepito
e organizzato, si considerò nella nuova Germania come la maggiore
"scuola della nazione". In tutto il mondo, dal principio
del secolo, la meccanizzazione della produzione aveva strappato
moltitudini di uomini dal suolo cui erano attaccate per travolgerle
nella lotta di classe: borghesia contro proletariato, proletariato
contro borghesia. Più di altre nazioni, nel periodo tra il '18 e il
'33, la Germania subì le conseguenze di questa lotta. "Un male
-scrisse Hitler – cui non si rimedia con articoli di fondo e con
eloquenti discorsi. La nuova morale del lavoro non si fa sui banchi
di scuola, ma nella vita e soprattutto nella vita dei campi, ove i
figli di famiglie di tutte le classi sociali lavorano in comune, e
così si cancellano le differenze sociali e si realizza una fusione
nazionale altrimenti non conseguibile; chè il figlio dell'operaio
constata che il figlio del borghese è degno di stima quanto se
stesso e l'artigiano si convince che anche il giovane dell'Università
può essere un vero camerata; e si impara da tutti che ogni lavoro
manuale o intellettuale è nobile ed onorevole se eseguito da gente
onesta con scopi onesti".
"è
una concezione – ha scritto ugualmente Hitler – lontana dal
marxismo e dal liberalismo e per la quale la nozione di borghese
diventa tanto ridicola quanto quella di proletario".
Fino
dal 1924 alcuni giovani avevano unito i loro sforzi per aiutare i
contadini che non riuscivano da solo ad assolvere tutti i compiti
produttivi. Sorse così il movimento che si chiamò degli "Artamani"
formato da idealisti desiderosi di tradurre in realtà le idee
dibattute nell'ambito dello spirito.
Fu
quello il germe da cui nacque il servizio agricolo della gioventù
hitleriana. Il concetto fondamentale di queste iniziative fu sempre
quelli di applicarvi giovani che altrimenti non avrebbero avuto alcun
contatto con la vita dei campi: non soltanto, dunque, uno scopo di
aiuto contingente, ma anche la creazione di nuovi nuclei di
agricoltori, chè la terra in Germania è fascinatrice cui raramente
si resiste.
Il
rapporto di lavoro era regolato da un contratto tipo tracciato dal
Ministero del Lavoro e dalla Corporazione dell'Agricoltura; la fatica
aveva una durata di sessanta ore settimanali; gli abiti di lavoro,
come l'uniforme della gioventù hitleriana, venivano forniti
gratuitamente. Così il vitto e l'alloggio. Mentre nel 1937 soltanto
il dieci per cento dei giovani che avevano effettuato il servizio
agricolo si dichiararono disposti a rimanere in campagna, nel 1941 la
proporzione salì al trenta per cento. L'organizzazione della
gioventù hitleriana incluse circa sette milioni di ragazzi dai dieci
ai diciotto anni (Giovane Popolo, Gioventù Hitleriana e Associazione
delle Ragazze Tedesche). I dirigenti di ogni nucleo gruppo o centuria
(di poco più anziani dei ragazzi loro affidati, in base al concetto
che la gioventù deve essere guidata dalla gioventù), seguivano
corsi speciali in scuole regionali. Pratica sportiva, soggiorno
estivo in luoghi pittoreschi, escursioni intese alla conoscenza
integrale del proprio Paese, riunioni settimanali nei "focolai"
istituiti presso le Case del Partito, partecipazione assidua alle
iniziative assistenziali del partito, erano i compiti normali.
Ma
in tempo di guerra se ne aggiunsero altri: per esempio distribuire
alle famiglie carte annonarie per evitare alle massaie perdite di
tempo negli uffici e agli sportelli, raccogliere per le strade ed
anche a domicilio offerte per i fondi assistenziali, aiutare i
contadini durante la mietitura, raccogliere erbe medicinali e
castagne selvatiche.
Era
compiuto della gioventù hitleriana di far pervenire ai soldati del
proprio comune giornali locali affinchè avessero assiduamente
notizie della propria terra, nonchè la raccolta assidua del vecchio
ferrame. Le fiduciarie dell'associazione femminile inoltre, al pari
delle studentesse, prestavano servizio nelle fabbriche per offrire
alle operaie la possibilità di congedi supplementari.
Solitamente
giovani e ragazze venivano chiamati al servizio dall'inizio alla fine
del loro diciannovesimo anno, ma si chiamavano prima le ragazze che
avevano superato l'esame di maturità e intendevano studiare
all'Università e quanti potevano dimostrare ci aver bisogno, per
ragioni professionali, di effettuare il servizio prima del
diciannovesimo anno. Erano esonerate le ragazze di condizioni fisiche
minorate o sottoposte a procedimento penale o, in casi
eccezionalissimi, per "peculiari necessità familiari".
Anche l'impiego della gioventù femminile avveniva generalmente nei
lavori agricoli, soprattutto estivi; essa era ospitata, di solito, in
accampamenti da cui ogni mattina sciamava verso le case coloniche e
le masserie. Mezza giornata di fatica e mezza di studio e
ricreazione. A lato a questo era il "Servizio Rurale", che
mobilitava i giovani nel periodo di raccolta per aiutare i contadini.
Altra istituzione analoga era invece l'Anno agricolo: ragazze dai 14
ai 17 anni impiegate dietro loro richiesta per un ciclo annuale di
lavori agricoli accolte in speciali case di campagna o presso gli
stessi coloni. Altra istituzione il così detto Anno obbligatorio per
le ragazze che esercitavano una professione qualsiasi: avente lo
scopo di far conoscere alle ragazze come si governa la casa,
affinché, al momento di sposarsi, fossero già allenate.
Considerevoli
in tempo di guerra, via via che l'impiego della donna aumentava, le
disposizioni protettive del lavoro femminile. Così una legge stabilì
che nelle fabbriche di laterizi le donne non dovessero portare carichi
eccedenti i quindici chili; nelle fabbriche di conserve esse non
potevano chiudere scatole più pesanti di un chilo; nelle fabbriche
di scarpe non dovevano accudire a macchine con comando a pedale; la
giornata lavorativa, fuor che nelle fabbriche di armi, non doveva
eccedere, per nessuna ragione, le otto ore. Inoltre la donna che
doveva lavorare di notte doveva sempre fruire di un giorno di riposo
settimanale; era stata esclusa rigorosamente dai lavori minerari;
nelle officine doveva lavorare, per quanto possibile, seduta.
Così
protetto, l'esercito delle donne in tuta assunse proporzioni
imponenti (fissando il 100 il numero delle donne occupate in una
fatica extradomestica nel 1932, esso salì a 150 nel 1940 e a 178
nel 1941); ma l'impiego della donna maritata non fu considerato come
un ideale della politica sociale germanica, bensì come necessità
transitoria imposta dalla guerra.
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