They
are waiting to take us into the severed garden
Il
soggetto è ambiguo, forse volutamente: Essi sono “gli dei”, sia
nel senso di un Demiurgo, un dio, un essere superiore che veglia
sulle sorti dei mortali, sia gli dei letterari già morti nel loro
valhalla o limbo personale, nel quale aspettano di accogliere, come
se li vedessero in vita, i nuovi arrivati, e ne avessero già letto
il destino. Ma quel “they” è riferito anche, in risentimento
amaro e forse un poco angosciato, e con una nota di rassegnazione,
che si autoconsola nella destinazione finale, di fatto lieta: alla
gente, al sistema che non comprende gli
artisti e aspetta solo di portarli alla tomba.
You
know how pale and wanton thrillful comes death on a strange hour,
unannounced, unplanned for, like a scary over friendly guest you’ve
brought to bed
Jim
aveva giocato amichevolmente con la morte, aveva osato, quello che
avrebbe avuto le sue conseguenze, ma ora si rendeva conto di aver
esagerato, la morte era divenuta una amante, lo aveva stuprato
intimamente, ed ora lui aveva avuto paura – era impallidito –
all’ora strana, la sua ospite inquietante si era presentata
presuntuosa senza preavviso e senza accordi
Death
makes angels of us all and gives un wings where we had shoulders
smooth as raven’s claws
La
morte è una prospettiva lieta ormai, lo conduce ad una destinazione
migliore, dove è libero, gli rende la sua natura angelica e più
robuste ali, quelle che in questo mondo erano mozze e lisce sopra
fragili spalle, sebbene fossero anche artigli, necessari alla difesa
ed alla lotta ed in questa arrabbiati e gracchianti
No
more money no more fancy dress this other kingdom seems by far the
best
until
its other jaw reveals incest
Non
gli interessava più la vita mondana di cui aveva ampiamente
partecipato, egli si era effettivamente venduto al mercato, e la sua
arte ed il suo vero spirito ne avevano nuociuto, ne erano stati
corrotti, distorti, mutilati, sfruttati : era profondamente deluso.
Si accorgeva adesso che aveva dato molto più spazio all’Estetica
che non all’Etica. E la catarsi prodotta dall’arte non era
sufficiente, non era risolutiva, nei soli termini in cui l’aveva
relegata: quelli del mercato e dell’edonismo, ancora sistemico, che
ne aveva ricevuto in cambio come vera fonte di appagamento personale.
Adesso doveva compiere una scelta etica, doveva dunque dimostrare di
essere coerente, e lo fece perché, effettivamente, la veste che si
era scelto, quella di istrione da palcoscenico, di rockstar bella e
dannata, con un originale sottofondo poetico, colto e
misticheggiante, questa veste, per quanto a tratti molto piacevole e
divertente, e deliziante nella vanità lusingata dall’ammirazione e
dall’attrazione erotica, non gli
apparteneva: era una delle tante maschere
della commedia, che egli aveva provato ad indossare per curiosità,
visto che amava il concetto di esperienza universale, ma che ora era
il momento di abbandonare. Forse in tutto il percorso dei Doors vi
era un errore di fondo, un vizio d’origine che ora, si rendeva
conto, lo aveva portato all’esaurimento e alla disperazione. Si
sentiva alienato e gravato ormai da un fardello insostenibile: quello
della sua immagine compromessa, da una serie di atti concreti, di
apparenze e di messaggi, che ne avevano travisato il vero carattere.
Forse avrebbe dovuto essere sempre e soltanto un poeta, vivere
appartato lasciando stare il music business ed anche l’intento,
forse ancora precoce e dunque troppo audace, di dare alla sua opera
ed alla sua attività musicale un significato politico,
rivoluzionario o addirittura religioso, il presentarsi come una
figura messianica: quando lui in fondo amava ridere (sottolineò
l’ironia di fondo del suo The Celebration of The Lizard: analizzato
invece assai seriosamente…che amasse ridere era vero, ma non che
quel testo non fosse serio: la mise sul ridere solo perché capì che
non era stato compreso), amava cantare il blues, lasciarsi
effettivamente andare, vagare senza una meta incontro a qualche
esperienza affascinante e piccoli momenti di magia che era forse
troppo difficile assolutizzare nel misticismo o nella lotta
sistemica, il suo spirito era più avventuroso
che non eroico (ma aveva cercato di essere tale ed in parte
lanciatosi oltre proprio in questo senso – cui non riusciva ad
essere fedele per il suo legame alla terra e l’intervento del Clown
che mandava tutto all’aria: il suo concetto di Libertà era ancora
incline all’individualismo – che deve ritrovare se stesso, con la
pars destruens,
abbattendo i falsi valori e le gabbie sistemiche, ma che poi deve
maturare consapevolmente in una ricostruzione perché un
rivoluzionario non è un individualista: che non predica agli altri, non
vuol essere un esempio e pagare un prezzo personale per ottenere un
cambiamento generale: un rivoluzionario non è un anarchico – che è
solo un ribelle che si limita alla parte distruttiva – ma un
aspirante dittatore), amava mettere in versi le piccole accattivanti
realtà che vedeva, e di molte aveva anche pietà…ma non poteva
esserne il cantore universale né il redentore come forse aveva
preteso. Certo che il suo lirismo aveva avuto slanci universalistici,
toccando e cercando di sentenziare tematiche molto profonde e di
natura non solo attuale ma proprio esistenziale e storica, aveva
cercato la sua patria e la fonte della sua liberazione attraverso la
conoscenza teorica, l’immedesimazione, la riproposizione artistica
personale ed anche la sua sperimentazione rituale, delle forze
ancestrali: la sua attenzione si era rivolta
alla magia, all’alchimia, all’esoterismo, alle antiche tradizioni
dei popoli della terra, alla mitologia greca e a quella pagana, a
quella dei nativi americani: vi era un desiderio di un nuovo
naturalismo, anche evoluzionistico e pronto a tutte le necessarie
metamorfosi, ed alla morte, quando sia arrivata l’ora, di ciò che
dunque non sembrava possibile nella rigida, ipocrita, materialistica,
venale e prepotente società moderna. Vi era una sincera avversione
all’affarismo ed alla competizione (definita come qualcosa di
superfluo e orribile), e disprezzava i poliziotti perché non gli
sembravano degli idealisti, ma dei ridicoli servi senza arte né
parte, che davano un senso alla loro vita e si sentivano utili,
assumevano dunque una identità,
facendo rispettare regole stupide e ingiuste, e peraltro eteronome, e
sentendosi dei duri solo perché avevano una divisa e una pistola,
un’aria autorevole sotto la quale non vi era un’anima. Per Jim
vi erano stati soldi e successo ma non venivano utilizzati per
costruirsi un regno personale fatto di stabilità, regolarità e
benessere. Jim non si comprò mai una casa, continuava a girovagare
per hotel, motel, taverne, locande, divani, dove continuava a
scrivere poesie e coadiuvarsi con alcool e droghe, in un
esistenzialismo irrisolto, in una tensione tra idealismo imperterrito
che voglia andare sempre oltre ed un corpo che vorrebbe finalmente
fermarsi ed acquietarsi nella prosecuzione della propria vita e
carriera artistica in un filone stabile ed univoco, come tale
riconosciuto e rispettato, con il suo specifico pubblico di
riferimento con cui si ha un rapporto ormai professionale di
produttore-consumatore, ma che non vuole più spronare alla
rivoluzione, né abbattere nuovi idoli e lanciare nuove provocazioni,
e non comporta più viaggi angoscianti e che attinge più ormai, per
l’ispirazione letteraria, a fonti più serene, a costo di essere
banali. Egli dormiva e si faceva ospitare spesso da amici e fidanzate
varie, in abiti piuttosto trasandati od anche in condizioni igieniche
discutibili: come se fosse sempre il solito autostoppista con la
testa tra le nuvole in cerca di una sistemazione precaria, anche da
miliardario, un ospite indiscreto più tollerato che amato, e che
poteva giovare di una mano di benevolenza in cambio di un bicchiere
di arte. Jim viveva il successo raggiunto come una posizione scomoda:
non lo era affatto del tutto ed ammise quanto se lo fosse goduto e
dunque avesse mentito a Pamela. Ma secondo me non le aveva mentito:
aveva finto di mentire,
perché forse qualcuno lo aveva accusato ingiustamente di essere un
ipocrita e lui ne aveva sofferto ed era atterrito dalla facilità con
cui la gente ti fraintende. Ma il masochismo indotto dai tanti
giudizi negativi che le persone più complesse ricevono, unito al
gusto della sfida, al coraggio di sfidare, in questo caso, più
livelli di menzogna di quelli che ti sono imposti di necessità dalla
tirannide esterna e dalla sua stupidità oggettiva, lo portava ed
incasinare le carte volontariamente: dunque a far credere anche alla
sua Pam che lui era falso con lei, che non la rispettava e che era
effettivamente un ipocrita: per vivere sulla sua pelle, a costo di
soffrire, anche la maschera della falsità: una caratteristica che
affatto non può
appartenere alle persone intelligenti e piene di sentimenti. Chi si
sforza continuamente di abbattere dei limiti, non può crearne a
propria volta di consimili. Fatto sta che il discorso fece
arrabbiare Pamela, che pareva averlo capito meglio e banalmente: che
lui non era una rockstar, e che quella vita lo danneggiava. Ma lui
era vorticosamente attratto dal contrasto degli opposti: forse era
semplicemente incappato dentro qualcosa da cui non era facile uscire
e che dunque doveva rivalutare positivamente, anche in maniera
ingannevole: ma forse c’è altro…era attratto anche dalla
perdizione, attirato dal gusto della sfida, dell’alzare la posta,
di tenere aperte più piste, non solo nel pensiero ma anche nella
pratica che portava alla compromissione, lui aveva una mente più
complessa, maturava più lentamente perché considerava più
elementi, metteva in dubbio le cose più a lungo e più volte: forse
era uno dei tanti spiriti che non si
accontentano di essere uno, ma vogliono essere tutti –
lo diceva anche Rimbaud. E poi sì, lui amava Pamela, ma anche
Patricia, amava un sacco di cose e persone, ma non era fedele: non lo
era perché era diventato logoro e debole, in parte, ma risentiva
delle delusioni date agli altri, e poi lui doveva sperimentare anche
la frammentazione, il risentimento ricevuto, le accuse, gli insulti,
l’incoerenza, l’esagerazione, imposta come provocazione eccessiva
e soffrire di fatto delle conseguenze, in tanto che gioiva di averne
osata un’altra e aver ottenuto un effetto, di essersi cacciato in
un nuovo guaio: ma lui tradiva anche perché sentiva che ogni cosa in
parte lo tradiva, che non poteva amarlo assolutamente (stava
chiedendo a Pamela, anche qui in bilico tra la serietà ed un nuovo
scherzo pagliaccesco, una nuova messa in scena: moriresti
per me? E ne vuole una prova, ma lui aveva
dato quella provocazione perché si sentiva unico (o comunque parte
di una esigua minoranza) di uomini estremisti e che sì, non temono
la morte, si compromettono per poco, forse per persone immeritevoli,
ma sicuramente per le grandi cose, e nello stesso tempo sanno che
questo mondo poteva essere diverso e loro lo odiano, sono disposti a
rischiare e ad andarsene perché in fondo non vale la pena di stare
qui, ma questo è anche scomodo da accettare e ci si ribella, perché
tu che saresti persona di valore devi gettare la tua vita,
praticamente per chiunque, non perché tu sia forse così altruista,
ma perché tanto è uno schifo, non ti importa di morire, e potresti
ben morire giocando.
Per
quanti strati di dubbio e di intrecciate motivazioni potesse avere,
certamente il successo non era un punto di arrivo: Jim non si era
realizzato. Viveva
invece in una frustrazione di fondo, c’era qualcosa di sbagliato
alla base, dunque inevitabilmente deludente (dov’è
il banchetto che ci hanno promesso? Dov’è il vino novello? Muore
sulle viti... rivoleva Apollo e Dioniso sulla
terra, non delle pallide imitazioni, delle simulazioni o delle
mutilazioni), conservava un rifiuto di una vita classica (in senso
moderno) anche laddove ne avrebbe avuto i mezzi, sebbene in parte la
desiderasse (e ne avesse in buona misura già giovato), ad un certo
punto la invocasse come per carità, per concessione da parte del suo
tirannico ego personale che lo tirava altrove, di fatto gettandolo in
pasto ai tormenti: era effettivamente stanco di essere un Desperado o
un Cavaliere nella Tempesta, un attore a prestito, un esule, uno
spirito in pena. La soluzione criminale è sempre uno scorcio che si
suggerisce da sé alle persone dannate seppure di animo buono… il
killer sulla strada, il cervello che si contorce come un rospo (altro
rettile: decisamente brutto), il suo fatalismo nel constatare, anche
con la residua bellezza, l’impossibilità della sua vittoria,
ripiegata in un’azione semi-disperata che verrà bloccata e ti
consegnerà nelle mani stolte, sprezzanti e autoritarie dei servi del
sistema. Immagine finale in dissolvenza su uno smoldering
fire. La sua crescita aveva fattualmente
un’altra direzione, ed ancora, principalmente, spirituale, per
quanto effettivamente sfogata nella concretizzazione artistica e
nell’esibizione, che lo aveva visto comunque autore prolifico e
molto apprezzato e gran donnaiolo. Ma egli era caratterialmente
avulso a questo sistema, ed ora che era diventato un divo della
musica, il sistema gli chiedeva di esserne all’altezza, e di
adempiere agli obblighi (sistemici) di chi nel sistema ha raggiunto
una posizione di spicco. Questo significa che egli si era ingannato,
oppure, il sistema stesso lo aveva fatto: Jim si era inerpicato su di
un bastione di cui non voleva essere il re, ma forse nemmeno un
alfiere, un guerriero, o un lavoratore. Questo significa che il suo
anticonformismo, rinnovato proprio adesso in una fase più avanzata
del gioco, che egli aborriva più adesso che non inizialmente, anche
lo avrebbe aborrito sempre di più agli occhi esterni: rendendolo ad
un certo punto sgradevole e biasimevole, finanche disprezzato, dagli
stessi membri della sua band (maggiormente inclini al compromesso che
per loro non era forse nemmeno tale) e anche dalle sue donne amate:
lui non si fermava, non era capace di farlo, laddove gli altri invece
volevano fermarsi (e tutti ormai avevano cominciato a pensare che i
suoi moventi fossero ben altri e ben più bassi di quelli che
raccontava: avevano smesso di giustificarlo,
anche perché la carriera della band stava colando a picco, critiche
da tutti i giornali, dai fans, esclusione da un evento musicale,
polemiche sulle stravaganze di Morrison, complicazioni e ritardi su
nuovi progetti dovuti agli stupidi guai giudiziari che si era creato
con le sue mani: che davvero potevano compromettere il futuro). Ad un
certo punto avrà certamente cominciato ad abusare di droghe e
alcolici non più per sfida o esperimento o espansione sensoriale e
compagnia, ma per mera debolezza e paura, per incapacità di
affrontare i suoi problemi ed esigenza di spegnersi la coscienza e
soffrire di meno. In effetti potrei anche averlo in questa sede
sopravvalutato molto: mi ero fatto l’idea che i conflitti morali
non fossero mai stati così cocenti per Jim Morrison, che molti non
li sentì proprio ed anzi lasciò correre la realtà ed il giudizio
del prossimo, abbandonandosi ad azioni istintive, in maniera
sinceramente dissoluta e menefreghista, proprio naturalmente egoista,
disfattista, senza assolutamente assumersene la responsabilità o
l’onere di prossima gestione e rimedio alla cosa, anche solo una
eccessivamente impegnativa ed onesta riflessione,
che delle figure di merda o dei giudizi negativi che riceveva, in
effetti, se ne sbattesse proprio e nemmeno li considerasse tali o lui
per primo credesse di essere stato squallido, disgustoso, stupido,
infantile, debole, vile, traditore, insomma che questo Senso
dell’Onore lui in realtà non ce lo avesse affatto o per lo meno ce
lo avesse solo in formula ridotta. Che egli seguisse dunque
sinceramente i suoi
principi di carpe diem, del futuro che è incerto e della fine che è
sempre vicina, quindi lascia correre tutta la notte, beviti una birra
appena ti svegli, te la devi spassare prima che questo letamaio
sparisca tra le fiamme, che bisogna seppellire i propri problemi
nella sabbia (anche se questa l’aveva scritta Robby), che bisogna
bighellonare per le strade e infilarsi nelle cucine dell’anima e
imparare a dimenticare, che sì era intelligente e sapeva scrivere,
ma la vita va trattata più seriamente sulla carta che non nella
realtà, e nella vita di tutti i giorni: assumi i principi
dell’estetismo alla Oscar Wilde, scrivi come un Dio in terra, ché
saresti immorale se
non lo facessi, ma agisci pure come un balordo individualista.
Correggi il mondo e te stesso nella sublimazione artistica, ma lascia
andare alla degenerazione questo e quello perché perfezionarsi sul
serio è troppa fatica: e non per altro, e accettati per quello che
sei e godi del vizio e cantalo bene ed insulta la virtù: ma senza
sostituirla con una virtù più vera e più grande. E tradisci perché
adesso hai voglia di farti quella topina e poi raccontale delle balle
non per una sorta di missione esistenziale ma perché devi
convincerla a darti quello che vuoi e poi giustificare il fatto che
quando lei ti chiederà di adempiere alle aspettative che le avevi
lasciato fantasticare ti toglierai di torno perché non vuoi impegni
o sbattimenti, e non vedi perché dovresti preoccuparti di Pam,
forse non sei davvero geloso perché non te ne frega un cazzo di lei,
o che la trascini con te nella perdizione fino a trovartela in un
letto stravolta con un brutto ceffo e con un orrendo ago piantato in
un gomito e fai finta anche di credere che abbia esagerato, quando
sul serio tu per primo, irresponsabilmente verso una ragazza che ti
vuole bene, le hai dato il cattivo esempio. Lo stesso John Densmore,
il batterista, pare che gli abbia rinfacciato, mentre si impasticcava
prima dell’ultimo grosso concerto: HAI DETTO CHE AMAVI IL DOLORE,
MA LO EVITI OGNI VOLTA CHE PUOI. Lo evitava dunque? O faceva tutto
parte in qualche modo, del giro? Che alcuni tormenti li evitasse
effettivamente, grazie alla droga, ai soldi con cui poteva pagare
altri che gli risolvessero i problemi che il suo comportamento
creava, e alcune cose le lasciasse andare perché non aveva più la
forza di starci dietro: ma forse che ognuno di
questi elementi non avrebbe avuto un contraccolpo cui fosse davvero
sensibile e la cui seria gestione non evitasse affatto, perché
davvero tutte queste esperienze dovevano illuminarlo, dovessero
scolpirlo, fossero il suo percorso catartico, la sua dimostrazione di
coerenza ed un viatico al messaggio che infine avrebbe dovuto
tramandare come giusto e definitivo? Fatto
sta che, per se stesso o per gli altri, sembrava aver esagerato, e
adesso la barca era rivolta al baratro e l’avrebbe pagata cara. Non
era neppure più capace di rispettare i suoi impegni professionali.
Le stesse persone del suo entourage, continuavano a sostenerlo,
curavano i suoi affari, cercavano di impedire che finisse in galera,
ma erano stanche del suo atteggiamento. E intanto il mondo stava
andando avanti e non era fatto solo di musica, di poesia o dei Doors.
Era evidente che presto tutto gli sarebbe crollato addosso:
l’estremismo, e la compromissione con qualcosa che non ti
appartiene, giunge a conseguenze sempre più gravi ed esiti sempre
più distruttivi man mano che il rapporto incompatibile si stringe,
l’edificio aumenta di dimensioni, ed il tuo spirito matura nella
sua direzione naturale e dunque esaspera la sua contrarietà, la
consapevolezza delle sue ragioni, ed all’esterno l’inaccettabilità
dei suoi comportamenti e gesti improvvisi. Vi era stato in tutto il
suo percorso artistico una percepita (e poeticamente espressa)
esigenza di regressione, di atavismo,
di riallacciamento alle origini per abbattere le gabbie della
modernità: in qualche modo era come se si dovesse ricostruire tutto
da capo, dovevamo abbandonare le città corrotte di nostro padre,
dovevamo entrare nella dolce foresta, dovevamo puntare sempre più in
alto, dovevamo smontare le illusioni, dovevamo porre altrove la
nostra paura e altrove il nostro coraggio, dovevamo andare proprio in
quella direzione, attraversare quel cancello, inoltrarci dentro quel
giardino, cavalcare il serpente, e saremmo stati padroni di
sentenziare diversamente tutti quei soggetti, quei valori, quelle
immagini, quegli avvenimenti, che stavano sulle nostre gelide scaglie
come qualcosa di cui ci si doveva liberare, come del nostro stato di
rettili, di figure demoniache, striscianti ed invise, associate al
male: se il serpente avesse avuto il coraggio di andare fino in
fondo, avrebbe perduto quel pellame e sarebbe stato il nobile signore
di una realtà diversa, finalmente giusta e libera: e qui ci sarebbe
stata la sua vera Celebrazione. Dovevamo appiccare il fuoco al
palazzo concettuale e scaldarci nelle tiepide spire roventi, dovevamo
abbandonare la razionalità, disconoscere il disprezzo della gente e
la sua incomprensione, dovevamo riderne fieramente, avere il coraggio
di dissacrare, distruggere, uccidere, offendere, affermare cose
scostumate e scandalose, danzare allegramente su ogni cosa, se
necessario mandare in malora noi stessi e buttarci tra le braccia
della morte ma non supinamente, vilmente, pigramente, stupidamente,
asserviti ad una volontà nemica, inferiore e mortifera, squallida ed
inetta, ipocrita e velenosa, ma per affermare noi stessi, liberare la
nostra vera natura, e conquistare un futuro migliore: in un percorso
di distruzione e autodistruzione eroica, accompagnata da una
fortissima e costante creatività alternativa, un cammino fatto di
scelte consapevoli e fondamentalmente lucide anche nello stordimento
dei sensi o nel malessere autonomamente o esternamente indotto:
questi sono tutti concetti futuristi.
Jim Morrison ancora non lo sapeva, ma il suo bisogno di liberazione
stava andandone a cercare la chiave ultima: l’istinto della razza,
l’identità che sta alla base di ogni benessere e che,
rivitalizzata, erompe sulle gabbie del presente e scaglia via ogni
elemento molesto. Ma forse Jim si era reso conto di aver fatto il
passo più lungo della gamba: e non sappiamo se per colpa sua o della
quantità di elementi che non poteva controllare, i quali si erano
rivelati suoi nemici. Ora i soldi , i festini ed i vestiti sgargianti
non erano più un rifugio: bisognava muoversi verso l’altro Regno,
di gran lunga migliore: finché la sua seconda
fauce non svela l’incesto. Cosa significa?
Significa
che l’arte non lo aveva salvato né poteva più salvarlo. Gli
provocava rimorso ossia colpa ossia presenza nemica dentro di sé in
opera di logoramento. La sua arte si era sviluppata dal suo viaggio
entro le strade di quel mondo che non gli apparteneva e dunque, per
quanto sublimata, ne conservava il lezzo, il riferimento implicito e
talvolta esplicito. Ogni sua parola era stata in fondo una
dichiarazione di estraneità ed un desiderio di abbandono. Anche
quello che aveva cantato amorevolmente, benedicendolo…erano gli
aspetti piacevoli di questo mondo che però restavano sistemicamente
legati agli altri e dunque ne limitavano la virtù e le possibilità
di appagamento ed espansione. Questi elementi lo tenevano legato al
presente, alla civiltà, erano anzi stati l’adescamento edonistico
che gli aveva impedito una precoce liberazione, e lo aveva anzi
predestinato allo sfacelo finale, che si mostrava ora agghiacciante
alle porte. Un incesto, quindi: una cosa peccaminosa in quanto
innaturale e dalle conseguenze gravi. La sua stessa arte era figlia
di una relazione illecita: quella tra un uomo del futuro e un mondo
del presente con il quale lui conservava un aspetto di parentela, di
affinità, ma che era ingannevole e della quale avrebbe dovuto
immediatamente liberarsi: e non lo aveva fatto. Jim si rese conto
che era riuscito a uccidere il padre e fottere la madre soltanto
sulla carta, soltanto nella musica. Ma non lo aveva fatto sul serio
perché si era venduto al sistema e con questo, anziché liberarsi,
aveva decretato la propria Fine. Era forse una bellissima amica? In
ogni caso era la sua sola amica, ormai… nemmeno la musica poteva
esserlo più, né la poesia. Ma lui era davvero un poeta, quindi la
poesia poteva essergli amica in questo ultimo scorcio di esistenza:
laddove stavano cadendo i veli e si prendeva coscienza della realtà.
Ogni sua opera avrebbe dovuto essere probabilmente simile
all’ultima…forse tutta la sua avventura musicale fu uno sbaglio.
La registrazione delle sue ultime poesie gli diede forse il più
grande sentimento di quiete che avesse provato da molti e molti anni.
Era l’ultima cosa che doveva fare. L’ultima spiegazione, l’ultimo
atto artistico affermativo, il suo testamento, la consegna tardiva
della sua immagine e del messaggio, il suo documento identitario per
i posteri.
…and
loose obedience to a vegetable law
Le
piante hanno bisogno di essere piantate sulla terra per potersi
nutrire e crescere. Ma questo riguardava le piante autoctone…
nessun terreno si era rivelato giusto alla nostra corretta crescita.
Dovevamo dunque rompere le leggi vegetali ed essere falciati: ci
avrebbero raccolti e portati nel giardino reciso. La nostra terra
promessa, la nostra patria, anche se ora sarebbe stata solo il marmo
di un prestigioso cimitero.
I
will not go
Jim
non poteva tornare indietro, come qualcuno poteva avergli suggerito o
anche caldamente richiesto: non poteva tornare negli Stati Uniti…
quello francese era un viaggio di sola andata. Quella che lo
aspettava al ritorno non era la sua patria, sebbene se ne fosse
sentito legato (diceva di sentirsi primariamente un americano e poi
un losangelino)…era fatta di persone che lo avevano condannato. E
con il suo An American Prayer le stava chiedendo perdono, ma forse
più ravvedimento, invocava a Dio una speranza di cambiamento per il
mondo che stava lasciando. Non si poteva pensare di vivere per
tutti, di fare poesia o musica per tutti, di stimolare tutti coi
propri messaggi, e di ognuno ricevere la comprensione e l’amore,
una reale adesione che non fosse quella di un’emozione passeggera.
Il
suo amico, sull’aereo, aveva osservato la sua decadenza fisica e la
parabola discendente della sua popolarità, sempre più disprezzata.
Gli diceva che il rock è cazzo e che il suo stava morendo. Lui
diceva che il rock era morto…ma la realtà era che non tutti
intendono il rock nello stesso modo: per alcuni era immortale, per
altri non era nemmeno mai nato, era un prodotto di consumo come tanti
altri, non una visione del mondo, non un stile di vita, non un modo
di sentire, non un’anima. Il compagno di tante sbronze rock n’
roll lo provocò chiedendogli cosa avrebbe fatto al terzo atto:
quando sarebbe stato troppo vecchio e grasso per salire su un
palcoscenico, se avrebbe forse ormai vomitato
sulla porta del paradiso. In un residuo di ostinata ingenuità Jim
rispose che lui sottovalutava il pubblico, che loro non volevano solo
due macchine e una casa: ma volevano qualcosa
di sacro. Il suo grezzo anche se simpatico
compare, con una risataccia sgraziata gli sputò la birra in pieno
volto, che lui accolse quasi in autosberleffo, quasi con compiaciuta
gratitudine, quella sorta di ebbrezza della perdizione che ne attenua
le sofferenze.
Il
suo amico aveva purtroppo ragione. Lo sputo irriflessivo e divertito
della birra in faccia dinanzi alla parola sacro,
era l’emblema di una verità universale che a Jim stava divenendo
sempre più tristemente chiara.
Non
esisteva, dunque, una Grande Famiglia: vi era solo da rimanerne
traditi e delusi…
E
forse non ce n’era neppure bisogno.
Meglio
raccogliersi con i pochi spiriti affini, in un elitarismo
aristocratico.
Prefer
a Feast of Friends to the Giant Family
Il
suo canto del cigno non fu però un vomitare
sulla porta del paradiso. Fu una distinta lettera per potervi
accedere. Egli si era raddrizzato e rimesso in sesto per l’Ultimo
Atto: si può dire che la sua vera vita cominciò qui: qui aveva
cominciato ad essere seria
in quanto veramente personale, mentre tutto quello che aveva fatto
nel mondo moderno era contaminato fin dall’inizio da un germe di
perdizione, da una forzatura e dunque una ostilità che gli avrebbe
impedito di dare tutto se stesso, di averne piena fiducia, e visto
l’andamento naturale dei rapporti promiscui, in cui entrambi gli
elementi incompatibili si ingrossano ed aumentano la loro repulsione
reciproca fino allo sfaldamento finale e la devastazione che ne
consegue, egli era degradato sempre di più nel fisico, nei
comportamenti, e nell’opinione pubblica. La sua ironia, il suo
gusto dello scherzo e la tendenza a buttare tutto sul pagliaccesco,
come anche il decadentismo, l’autocompiacimento della degenerazione
e della bruttezza, sono solo reazioni dinanzi all’impotenza di un
cambiamento reale di quelle condizioni sistemiche basilari, che sole
possono sostenere un artista, cosiccome un soldato, uno scienziato,
ed un lavoratore, un maestro, un amico, un padre, un amante, in un
atteggiamento diametralmente opposto: assolutamente serio ed
improntato alla disciplina, al mantenimento nel giusto limite, alla
giusta gradualità e alla responsabilità sociale. Ma non si può
esigere questo da chi vive in esilio nel proprio mondo.
La
registrazione di An American Prayer fu un lavoro accurato e
disciplinato: voce pulita, sobria, ben calibrata, seria, di grande
contegno. Tuttavia i Doors non gli erano mai stati nemici, e sebbene
con un ruolo di contorno, avevano creato intorno a lui il sottofondo
musicale ed anche il consesso umano adatto a veicolare e potenziare
la sua creatività. La musica dei doors in realtà abbellisce le
poesie di Jim, lui stesso non potrebbe affermare di percepirla come
un abito scomodo. Alla fine a cantare ci aveva preso gusto, e le
aveva cantate sopra quelle note: quello era dunque, il sound
dei suoi versi. Per cui Ray, Robby e John non gli fecero affatto un
torto, ed anzi un finale omaggio e ottimo servigio, nel musicare con
il loro stile, in maniera stupefacentemente raffinata ed appropriata,
e con l’assoluto tocco di classe di porre A Feast of Friends
sull’adagio di Albinoni, le sue ultime parole.
Per
non voler ammettere quanto ho sommariamente delineato sopra, di cui
molti dovevano essere in realtà consapevoli, e con ben maggiore
certezza e ricchezza di elementi, visto che gli avevano vissuto
vicino, alla sua morte sono state date spiegazioni semplicistiche,
superficiali, evasive o fantasiose (come addirittura quella secondo
cui Morrison fosse ancora vivo: e che fosse ricomparso nel 1981,
dichiarando come avesse inscenato la sua morte per tornare a vivere:
quando aveva precisamente inscenato la sua vita per tornare a
morire).
JIM
MORRISON NON è MORTO DI OVERDOSE: SI è SUICIDATO. PREMEDITATAMENTE.
È ANDATO A MORIRE A PARIGI ASSIEME A RIMBAUD E VERLAINE, ASSIEME A
WILLIAM BLAKE E OSCAR WILDE: ASSIEME AI SUOI AMICI.
A
chi aveva detto la verità?