Islanda

Islanda
arcobaleno sotto la cascata di Skogafoss in Islanda

giovedì 21 aprile 2016

The Severed Garden (un addio annunciato)



They are waiting to take us into the severed garden
Il soggetto è ambiguo, forse volutamente: Essi sono “gli dei”, sia nel senso di un Demiurgo, un dio, un essere superiore che veglia sulle sorti dei mortali, sia gli dei letterari già morti nel loro valhalla o limbo personale, nel quale aspettano di accogliere, come se li vedessero in vita, i nuovi arrivati, e ne avessero già letto il destino. Ma quel “they” è riferito anche, in risentimento amaro e forse un poco angosciato, e con una nota di rassegnazione, che si autoconsola nella destinazione finale, di fatto lieta: alla gente, al sistema che non comprende gli artisti e aspetta solo di portarli alla tomba.
You know how pale and wanton thrillful comes death on a strange hour, unannounced, unplanned for, like a scary over friendly guest you’ve brought to bed
Jim aveva giocato amichevolmente con la morte, aveva osato, quello che avrebbe avuto le sue conseguenze, ma ora si rendeva conto di aver esagerato, la morte era divenuta una amante, lo aveva stuprato intimamente, ed ora lui aveva avuto paura – era impallidito – all’ora strana, la sua ospite inquietante si era presentata presuntuosa senza preavviso e senza accordi
Death makes angels of us all and gives un wings where we had shoulders smooth as raven’s claws
La morte è una prospettiva lieta ormai, lo conduce ad una destinazione migliore, dove è libero, gli rende la sua natura angelica e più robuste ali, quelle che in questo mondo erano mozze e lisce sopra fragili spalle, sebbene fossero anche artigli, necessari alla difesa ed alla lotta ed in questa arrabbiati e gracchianti
No more money no more fancy dress this other kingdom seems by far the best
until its other jaw reveals incest
Non gli interessava più la vita mondana di cui aveva ampiamente partecipato, egli si era effettivamente venduto al mercato, e la sua arte ed il suo vero spirito ne avevano nuociuto, ne erano stati corrotti, distorti, mutilati, sfruttati : era profondamente deluso. Si accorgeva adesso che aveva dato molto più spazio all’Estetica che non all’Etica. E la catarsi prodotta dall’arte non era sufficiente, non era risolutiva, nei soli termini in cui l’aveva relegata: quelli del mercato e dell’edonismo, ancora sistemico, che ne aveva ricevuto in cambio come vera fonte di appagamento personale. Adesso doveva compiere una scelta etica, doveva dunque dimostrare di essere coerente, e lo fece perché, effettivamente, la veste che si era scelto, quella di istrione da palcoscenico, di rockstar bella e dannata, con un originale sottofondo poetico, colto e misticheggiante, questa veste, per quanto a tratti molto piacevole e divertente, e deliziante nella vanità lusingata dall’ammirazione e dall’attrazione erotica, non gli apparteneva: era una delle tante maschere della commedia, che egli aveva provato ad indossare per curiosità, visto che amava il concetto di esperienza universale, ma che ora era il momento di abbandonare. Forse in tutto il percorso dei Doors vi era un errore di fondo, un vizio d’origine che ora, si rendeva conto, lo aveva portato all’esaurimento e alla disperazione. Si sentiva alienato e gravato ormai da un fardello insostenibile: quello della sua immagine compromessa, da una serie di atti concreti, di apparenze e di messaggi, che ne avevano travisato il vero carattere. Forse avrebbe dovuto essere sempre e soltanto un poeta, vivere appartato lasciando stare il music business ed anche l’intento, forse ancora precoce e dunque troppo audace, di dare alla sua opera ed alla sua attività musicale un significato politico, rivoluzionario o addirittura religioso, il presentarsi come una figura messianica: quando lui in fondo amava ridere (sottolineò l’ironia di fondo del suo The Celebration of The Lizard: analizzato invece assai seriosamente…che amasse ridere era vero, ma non che quel testo non fosse serio: la mise sul ridere solo perché capì che non era stato compreso), amava cantare il blues, lasciarsi effettivamente andare, vagare senza una meta incontro a qualche esperienza affascinante e piccoli momenti di magia che era forse troppo difficile assolutizzare nel misticismo o nella lotta sistemica, il suo spirito era più avventuroso che non eroico (ma aveva cercato di essere tale ed in parte lanciatosi oltre proprio in questo senso – cui non riusciva ad essere fedele per il suo legame alla terra e l’intervento del Clown che mandava tutto all’aria: il suo concetto di Libertà era ancora incline all’individualismo – che deve ritrovare se stesso, con la pars destruens, abbattendo i falsi valori e le gabbie sistemiche, ma che poi deve maturare consapevolmente in una ricostruzione perché un rivoluzionario non è un individualista: che non predica agli altri, non vuol essere un esempio e pagare un prezzo personale per ottenere un cambiamento generale: un rivoluzionario non è un anarchico – che è solo un ribelle che si limita alla parte distruttiva – ma un aspirante dittatore), amava mettere in versi le piccole accattivanti realtà che vedeva, e di molte aveva anche pietà…ma non poteva esserne il cantore universale né il redentore come forse aveva preteso. Certo che il suo lirismo aveva avuto slanci universalistici, toccando e cercando di sentenziare tematiche molto profonde e di natura non solo attuale ma proprio esistenziale e storica, aveva cercato la sua patria e la fonte della sua liberazione attraverso la conoscenza teorica, l’immedesimazione, la riproposizione artistica personale ed anche la sua sperimentazione rituale, delle forze ancestrali: la sua attenzione si era rivolta alla magia, all’alchimia, all’esoterismo, alle antiche tradizioni dei popoli della terra, alla mitologia greca e a quella pagana, a quella dei nativi americani: vi era un desiderio di un nuovo naturalismo, anche evoluzionistico e pronto a tutte le necessarie metamorfosi, ed alla morte, quando sia arrivata l’ora, di ciò che dunque non sembrava possibile nella rigida, ipocrita, materialistica, venale e prepotente società moderna. Vi era una sincera avversione all’affarismo ed alla competizione (definita come qualcosa di superfluo e orribile), e disprezzava i poliziotti perché non gli sembravano degli idealisti, ma dei ridicoli servi senza arte né parte, che davano un senso alla loro vita e si sentivano utili, assumevano dunque una identità, facendo rispettare regole stupide e ingiuste, e peraltro eteronome, e sentendosi dei duri solo perché avevano una divisa e una pistola, un’aria autorevole sotto la quale non vi era un’anima. Per Jim vi erano stati soldi e successo ma non venivano utilizzati per costruirsi un regno personale fatto di stabilità, regolarità e benessere. Jim non si comprò mai una casa, continuava a girovagare per hotel, motel, taverne, locande, divani, dove continuava a scrivere poesie e coadiuvarsi con alcool e droghe, in un esistenzialismo irrisolto, in una tensione tra idealismo imperterrito che voglia andare sempre oltre ed un corpo che vorrebbe finalmente fermarsi ed acquietarsi nella prosecuzione della propria vita e carriera artistica in un filone stabile ed univoco, come tale riconosciuto e rispettato, con il suo specifico pubblico di riferimento con cui si ha un rapporto ormai professionale di produttore-consumatore, ma che non vuole più spronare alla rivoluzione, né abbattere nuovi idoli e lanciare nuove provocazioni, e non comporta più viaggi angoscianti e che attinge più ormai, per l’ispirazione letteraria, a fonti più serene, a costo di essere banali. Egli dormiva e si faceva ospitare spesso da amici e fidanzate varie, in abiti piuttosto trasandati od anche in condizioni igieniche discutibili: come se fosse sempre il solito autostoppista con la testa tra le nuvole in cerca di una sistemazione precaria, anche da miliardario, un ospite indiscreto più tollerato che amato, e che poteva giovare di una mano di benevolenza in cambio di un bicchiere di arte. Jim viveva il successo raggiunto come una posizione scomoda: non lo era affatto del tutto ed ammise quanto se lo fosse goduto e dunque avesse mentito a Pamela. Ma secondo me non le aveva mentito: aveva finto di mentire, perché forse qualcuno lo aveva accusato ingiustamente di essere un ipocrita e lui ne aveva sofferto ed era atterrito dalla facilità con cui la gente ti fraintende. Ma il masochismo indotto dai tanti giudizi negativi che le persone più complesse ricevono, unito al gusto della sfida, al coraggio di sfidare, in questo caso, più livelli di menzogna di quelli che ti sono imposti di necessità dalla tirannide esterna e dalla sua stupidità oggettiva, lo portava ed incasinare le carte volontariamente: dunque a far credere anche alla sua Pam che lui era falso con lei, che non la rispettava e che era effettivamente un ipocrita: per vivere sulla sua pelle, a costo di soffrire, anche la maschera della falsità: una caratteristica che affatto non può appartenere alle persone intelligenti e piene di sentimenti. Chi si sforza continuamente di abbattere dei limiti, non può crearne a propria volta di consimili. Fatto sta che il discorso fece arrabbiare Pamela, che pareva averlo capito meglio e banalmente: che lui non era una rockstar, e che quella vita lo danneggiava. Ma lui era vorticosamente attratto dal contrasto degli opposti: forse era semplicemente incappato dentro qualcosa da cui non era facile uscire e che dunque doveva rivalutare positivamente, anche in maniera ingannevole: ma forse c’è altro…era attratto anche dalla perdizione, attirato dal gusto della sfida, dell’alzare la posta, di tenere aperte più piste, non solo nel pensiero ma anche nella pratica che portava alla compromissione, lui aveva una mente più complessa, maturava più lentamente perché considerava più elementi, metteva in dubbio le cose più a lungo e più volte: forse era uno dei tanti spiriti che non si accontentano di essere uno, ma vogliono essere tutti – lo diceva anche Rimbaud. E poi sì, lui amava Pamela, ma anche Patricia, amava un sacco di cose e persone, ma non era fedele: non lo era perché era diventato logoro e debole, in parte, ma risentiva delle delusioni date agli altri, e poi lui doveva sperimentare anche la frammentazione, il risentimento ricevuto, le accuse, gli insulti, l’incoerenza, l’esagerazione, imposta come provocazione eccessiva e soffrire di fatto delle conseguenze, in tanto che gioiva di averne osata un’altra e aver ottenuto un effetto, di essersi cacciato in un nuovo guaio: ma lui tradiva anche perché sentiva che ogni cosa in parte lo tradiva, che non poteva amarlo assolutamente (stava chiedendo a Pamela, anche qui in bilico tra la serietà ed un nuovo scherzo pagliaccesco, una nuova messa in scena: moriresti per me? E ne vuole una prova, ma lui aveva dato quella provocazione perché si sentiva unico (o comunque parte di una esigua minoranza) di uomini estremisti e che sì, non temono la morte, si compromettono per poco, forse per persone immeritevoli, ma sicuramente per le grandi cose, e nello stesso tempo sanno che questo mondo poteva essere diverso e loro lo odiano, sono disposti a rischiare e ad andarsene perché in fondo non vale la pena di stare qui, ma questo è anche scomodo da accettare e ci si ribella, perché tu che saresti persona di valore devi gettare la tua vita, praticamente per chiunque, non perché tu sia forse così altruista, ma perché tanto è uno schifo, non ti importa di morire, e potresti ben morire giocando.
Per quanti strati di dubbio e di intrecciate motivazioni potesse avere, certamente il successo non era un punto di arrivo: Jim non si era realizzato. Viveva invece in una frustrazione di fondo, c’era qualcosa di sbagliato alla base, dunque inevitabilmente deludente (dov’è il banchetto che ci hanno promesso? Dov’è il vino novello? Muore sulle viti... rivoleva Apollo e Dioniso sulla terra, non delle pallide imitazioni, delle simulazioni o delle mutilazioni), conservava un rifiuto di una vita classica (in senso moderno) anche laddove ne avrebbe avuto i mezzi, sebbene in parte la desiderasse (e ne avesse in buona misura già giovato), ad un certo punto la invocasse come per carità, per concessione da parte del suo tirannico ego personale che lo tirava altrove, di fatto gettandolo in pasto ai tormenti: era effettivamente stanco di essere un Desperado o un Cavaliere nella Tempesta, un attore a prestito, un esule, uno spirito in pena. La soluzione criminale è sempre uno scorcio che si suggerisce da sé alle persone dannate seppure di animo buono… il killer sulla strada, il cervello che si contorce come un rospo (altro rettile: decisamente brutto), il suo fatalismo nel constatare, anche con la residua bellezza, l’impossibilità della sua vittoria, ripiegata in un’azione semi-disperata che verrà bloccata e ti consegnerà nelle mani stolte, sprezzanti e autoritarie dei servi del sistema. Immagine finale in dissolvenza su uno smoldering fire. La sua crescita aveva fattualmente un’altra direzione, ed ancora, principalmente, spirituale, per quanto effettivamente sfogata nella concretizzazione artistica e nell’esibizione, che lo aveva visto comunque autore prolifico e molto apprezzato e gran donnaiolo. Ma egli era caratterialmente avulso a questo sistema, ed ora che era diventato un divo della musica, il sistema gli chiedeva di esserne all’altezza, e di adempiere agli obblighi (sistemici) di chi nel sistema ha raggiunto una posizione di spicco. Questo significa che egli si era ingannato, oppure, il sistema stesso lo aveva fatto: Jim si era inerpicato su di un bastione di cui non voleva essere il re, ma forse nemmeno un alfiere, un guerriero, o un lavoratore. Questo significa che il suo anticonformismo, rinnovato proprio adesso in una fase più avanzata del gioco, che egli aborriva più adesso che non inizialmente, anche lo avrebbe aborrito sempre di più agli occhi esterni: rendendolo ad un certo punto sgradevole e biasimevole, finanche disprezzato, dagli stessi membri della sua band (maggiormente inclini al compromesso che per loro non era forse nemmeno tale) e anche dalle sue donne amate: lui non si fermava, non era capace di farlo, laddove gli altri invece volevano fermarsi (e tutti ormai avevano cominciato a pensare che i suoi moventi fossero ben altri e ben più bassi di quelli che raccontava: avevano smesso di giustificarlo, anche perché la carriera della band stava colando a picco, critiche da tutti i giornali, dai fans, esclusione da un evento musicale, polemiche sulle stravaganze di Morrison, complicazioni e ritardi su nuovi progetti dovuti agli stupidi guai giudiziari che si era creato con le sue mani: che davvero potevano compromettere il futuro). Ad un certo punto avrà certamente cominciato ad abusare di droghe e alcolici non più per sfida o esperimento o espansione sensoriale e compagnia, ma per mera debolezza e paura, per incapacità di affrontare i suoi problemi ed esigenza di spegnersi la coscienza e soffrire di meno. In effetti potrei anche averlo in questa sede sopravvalutato molto: mi ero fatto l’idea che i conflitti morali non fossero mai stati così cocenti per Jim Morrison, che molti non li sentì proprio ed anzi lasciò correre la realtà ed il giudizio del prossimo, abbandonandosi ad azioni istintive, in maniera sinceramente dissoluta e menefreghista, proprio naturalmente egoista, disfattista, senza assolutamente assumersene la responsabilità o l’onere di prossima gestione e rimedio alla cosa, anche solo una eccessivamente impegnativa ed onesta riflessione, che delle figure di merda o dei giudizi negativi che riceveva, in effetti, se ne sbattesse proprio e nemmeno li considerasse tali o lui per primo credesse di essere stato squallido, disgustoso, stupido, infantile, debole, vile, traditore, insomma che questo Senso dell’Onore lui in realtà non ce lo avesse affatto o per lo meno ce lo avesse solo in formula ridotta. Che egli seguisse dunque sinceramente i suoi principi di carpe diem, del futuro che è incerto e della fine che è sempre vicina, quindi lascia correre tutta la notte, beviti una birra appena ti svegli, te la devi spassare prima che questo letamaio sparisca tra le fiamme, che bisogna seppellire i propri problemi nella sabbia (anche se questa l’aveva scritta Robby), che bisogna bighellonare per le strade e infilarsi nelle cucine dell’anima e imparare a dimenticare, che sì era intelligente e sapeva scrivere, ma la vita va trattata più seriamente sulla carta che non nella realtà, e nella vita di tutti i giorni: assumi i principi dell’estetismo alla Oscar Wilde, scrivi come un Dio in terra, ché saresti immorale se non lo facessi, ma agisci pure come un balordo individualista. Correggi il mondo e te stesso nella sublimazione artistica, ma lascia andare alla degenerazione questo e quello perché perfezionarsi sul serio è troppa fatica: e non per altro, e accettati per quello che sei e godi del vizio e cantalo bene ed insulta la virtù: ma senza sostituirla con una virtù più vera e più grande. E tradisci perché adesso hai voglia di farti quella topina e poi raccontale delle balle non per una sorta di missione esistenziale ma perché devi convincerla a darti quello che vuoi e poi giustificare il fatto che quando lei ti chiederà di adempiere alle aspettative che le avevi lasciato fantasticare ti toglierai di torno perché non vuoi impegni o sbattimenti, e non vedi perché dovresti preoccuparti di Pam, forse non sei davvero geloso perché non te ne frega un cazzo di lei, o che la trascini con te nella perdizione fino a trovartela in un letto stravolta con un brutto ceffo e con un orrendo ago piantato in un gomito e fai finta anche di credere che abbia esagerato, quando sul serio tu per primo, irresponsabilmente verso una ragazza che ti vuole bene, le hai dato il cattivo esempio. Lo stesso John Densmore, il batterista, pare che gli abbia rinfacciato, mentre si impasticcava prima dell’ultimo grosso concerto: HAI DETTO CHE AMAVI IL DOLORE, MA LO EVITI OGNI VOLTA CHE PUOI. Lo evitava dunque? O faceva tutto parte in qualche modo, del giro? Che alcuni tormenti li evitasse effettivamente, grazie alla droga, ai soldi con cui poteva pagare altri che gli risolvessero i problemi che il suo comportamento creava, e alcune cose le lasciasse andare perché non aveva più la forza di starci dietro: ma forse che ognuno di questi elementi non avrebbe avuto un contraccolpo cui fosse davvero sensibile e la cui seria gestione non evitasse affatto, perché davvero tutte queste esperienze dovevano illuminarlo, dovessero scolpirlo, fossero il suo percorso catartico, la sua dimostrazione di coerenza ed un viatico al messaggio che infine avrebbe dovuto tramandare come giusto e definitivo? Fatto sta che, per se stesso o per gli altri, sembrava aver esagerato, e adesso la barca era rivolta al baratro e l’avrebbe pagata cara. Non era neppure più capace di rispettare i suoi impegni professionali. Le stesse persone del suo entourage, continuavano a sostenerlo, curavano i suoi affari, cercavano di impedire che finisse in galera, ma erano stanche del suo atteggiamento. E intanto il mondo stava andando avanti e non era fatto solo di musica, di poesia o dei Doors. Era evidente che presto tutto gli sarebbe crollato addosso: l’estremismo, e la compromissione con qualcosa che non ti appartiene, giunge a conseguenze sempre più gravi ed esiti sempre più distruttivi man mano che il rapporto incompatibile si stringe, l’edificio aumenta di dimensioni, ed il tuo spirito matura nella sua direzione naturale e dunque esaspera la sua contrarietà, la consapevolezza delle sue ragioni, ed all’esterno l’inaccettabilità dei suoi comportamenti e gesti improvvisi. Vi era stato in tutto il suo percorso artistico una percepita (e poeticamente espressa) esigenza di regressione, di atavismo, di riallacciamento alle origini per abbattere le gabbie della modernità: in qualche modo era come se si dovesse ricostruire tutto da capo, dovevamo abbandonare le città corrotte di nostro padre, dovevamo entrare nella dolce foresta, dovevamo puntare sempre più in alto, dovevamo smontare le illusioni, dovevamo porre altrove la nostra paura e altrove il nostro coraggio, dovevamo andare proprio in quella direzione, attraversare quel cancello, inoltrarci dentro quel giardino, cavalcare il serpente, e saremmo stati padroni di sentenziare diversamente tutti quei soggetti, quei valori, quelle immagini, quegli avvenimenti, che stavano sulle nostre gelide scaglie come qualcosa di cui ci si doveva liberare, come del nostro stato di rettili, di figure demoniache, striscianti ed invise, associate al male: se il serpente avesse avuto il coraggio di andare fino in fondo, avrebbe perduto quel pellame e sarebbe stato il nobile signore di una realtà diversa, finalmente giusta e libera: e qui ci sarebbe stata la sua vera Celebrazione. Dovevamo appiccare il fuoco al palazzo concettuale e scaldarci nelle tiepide spire roventi, dovevamo abbandonare la razionalità, disconoscere il disprezzo della gente e la sua incomprensione, dovevamo riderne fieramente, avere il coraggio di dissacrare, distruggere, uccidere, offendere, affermare cose scostumate e scandalose, danzare allegramente su ogni cosa, se necessario mandare in malora noi stessi e buttarci tra le braccia della morte ma non supinamente, vilmente, pigramente, stupidamente, asserviti ad una volontà nemica, inferiore e mortifera, squallida ed inetta, ipocrita e velenosa, ma per affermare noi stessi, liberare la nostra vera natura, e conquistare un futuro migliore: in un percorso di distruzione e autodistruzione eroica, accompagnata da una fortissima e costante creatività alternativa, un cammino fatto di scelte consapevoli e fondamentalmente lucide anche nello stordimento dei sensi o nel malessere autonomamente o esternamente indotto: questi sono tutti concetti futuristi. Jim Morrison ancora non lo sapeva, ma il suo bisogno di liberazione stava andandone a cercare la chiave ultima: l’istinto della razza, l’identità che sta alla base di ogni benessere e che, rivitalizzata, erompe sulle gabbie del presente e scaglia via ogni elemento molesto. Ma forse Jim si era reso conto di aver fatto il passo più lungo della gamba: e non sappiamo se per colpa sua o della quantità di elementi che non poteva controllare, i quali si erano rivelati suoi nemici. Ora i soldi , i festini ed i vestiti sgargianti non erano più un rifugio: bisognava muoversi verso l’altro Regno, di gran lunga migliore: finché la sua seconda fauce non svela l’incesto. Cosa significa?
Significa che l’arte non lo aveva salvato né poteva più salvarlo. Gli provocava rimorso ossia colpa ossia presenza nemica dentro di sé in opera di logoramento. La sua arte si era sviluppata dal suo viaggio entro le strade di quel mondo che non gli apparteneva e dunque, per quanto sublimata, ne conservava il lezzo, il riferimento implicito e talvolta esplicito. Ogni sua parola era stata in fondo una dichiarazione di estraneità ed un desiderio di abbandono. Anche quello che aveva cantato amorevolmente, benedicendolo…erano gli aspetti piacevoli di questo mondo che però restavano sistemicamente legati agli altri e dunque ne limitavano la virtù e le possibilità di appagamento ed espansione. Questi elementi lo tenevano legato al presente, alla civiltà, erano anzi stati l’adescamento edonistico che gli aveva impedito una precoce liberazione, e lo aveva anzi predestinato allo sfacelo finale, che si mostrava ora agghiacciante alle porte. Un incesto, quindi: una cosa peccaminosa in quanto innaturale e dalle conseguenze gravi. La sua stessa arte era figlia di una relazione illecita: quella tra un uomo del futuro e un mondo del presente con il quale lui conservava un aspetto di parentela, di affinità, ma che era ingannevole e della quale avrebbe dovuto immediatamente liberarsi: e non lo aveva fatto. Jim si rese conto che era riuscito a uccidere il padre e fottere la madre soltanto sulla carta, soltanto nella musica. Ma non lo aveva fatto sul serio perché si era venduto al sistema e con questo, anziché liberarsi, aveva decretato la propria Fine. Era forse una bellissima amica? In ogni caso era la sua sola amica, ormai… nemmeno la musica poteva esserlo più, né la poesia. Ma lui era davvero un poeta, quindi la poesia poteva essergli amica in questo ultimo scorcio di esistenza: laddove stavano cadendo i veli e si prendeva coscienza della realtà. Ogni sua opera avrebbe dovuto essere probabilmente simile all’ultima…forse tutta la sua avventura musicale fu uno sbaglio. La registrazione delle sue ultime poesie gli diede forse il più grande sentimento di quiete che avesse provato da molti e molti anni. Era l’ultima cosa che doveva fare. L’ultima spiegazione, l’ultimo atto artistico affermativo, il suo testamento, la consegna tardiva della sua immagine e del messaggio, il suo documento identitario per i posteri.
and loose obedience to a vegetable law
Le piante hanno bisogno di essere piantate sulla terra per potersi nutrire e crescere. Ma questo riguardava le piante autoctone… nessun terreno si era rivelato giusto alla nostra corretta crescita. Dovevamo dunque rompere le leggi vegetali ed essere falciati: ci avrebbero raccolti e portati nel giardino reciso. La nostra terra promessa, la nostra patria, anche se ora sarebbe stata solo il marmo di un prestigioso cimitero.
I will not go
Jim non poteva tornare indietro, come qualcuno poteva avergli suggerito o anche caldamente richiesto: non poteva tornare negli Stati Uniti… quello francese era un viaggio di sola andata. Quella che lo aspettava al ritorno non era la sua patria, sebbene se ne fosse sentito legato (diceva di sentirsi primariamente un americano e poi un losangelino)…era fatta di persone che lo avevano condannato. E con il suo An American Prayer le stava chiedendo perdono, ma forse più ravvedimento, invocava a Dio una speranza di cambiamento per il mondo che stava lasciando. Non si poteva pensare di vivere per tutti, di fare poesia o musica per tutti, di stimolare tutti coi propri messaggi, e di ognuno ricevere la comprensione e l’amore, una reale adesione che non fosse quella di un’emozione passeggera.
Il suo amico, sull’aereo, aveva osservato la sua decadenza fisica e la parabola discendente della sua popolarità, sempre più disprezzata. Gli diceva che il rock è cazzo e che il suo stava morendo. Lui diceva che il rock era morto…ma la realtà era che non tutti intendono il rock nello stesso modo: per alcuni era immortale, per altri non era nemmeno mai nato, era un prodotto di consumo come tanti altri, non una visione del mondo, non un stile di vita, non un modo di sentire, non un’anima. Il compagno di tante sbronze rock n’ roll lo provocò chiedendogli cosa avrebbe fatto al terzo atto: quando sarebbe stato troppo vecchio e grasso per salire su un palcoscenico, se avrebbe forse ormai vomitato sulla porta del paradiso. In un residuo di ostinata ingenuità Jim rispose che lui sottovalutava il pubblico, che loro non volevano solo due macchine e una casa: ma volevano qualcosa di sacro. Il suo grezzo anche se simpatico compare, con una risataccia sgraziata gli sputò la birra in pieno volto, che lui accolse quasi in autosberleffo, quasi con compiaciuta gratitudine, quella sorta di ebbrezza della perdizione che ne attenua le sofferenze.
Il suo amico aveva purtroppo ragione. Lo sputo irriflessivo e divertito della birra in faccia dinanzi alla parola sacro, era l’emblema di una verità universale che a Jim stava divenendo sempre più tristemente chiara.
Non esisteva, dunque, una Grande Famiglia: vi era solo da rimanerne traditi e delusi…
E forse non ce n’era neppure bisogno.
Meglio raccogliersi con i pochi spiriti affini, in un elitarismo aristocratico.

Prefer a Feast of Friends to the Giant Family

Il suo canto del cigno non fu però un vomitare sulla porta del paradiso. Fu una distinta lettera per potervi accedere. Egli si era raddrizzato e rimesso in sesto per l’Ultimo Atto: si può dire che la sua vera vita cominciò qui: qui aveva cominciato ad essere seria in quanto veramente personale, mentre tutto quello che aveva fatto nel mondo moderno era contaminato fin dall’inizio da un germe di perdizione, da una forzatura e dunque una ostilità che gli avrebbe impedito di dare tutto se stesso, di averne piena fiducia, e visto l’andamento naturale dei rapporti promiscui, in cui entrambi gli elementi incompatibili si ingrossano ed aumentano la loro repulsione reciproca fino allo sfaldamento finale e la devastazione che ne consegue, egli era degradato sempre di più nel fisico, nei comportamenti, e nell’opinione pubblica. La sua ironia, il suo gusto dello scherzo e la tendenza a buttare tutto sul pagliaccesco, come anche il decadentismo, l’autocompiacimento della degenerazione e della bruttezza, sono solo reazioni dinanzi all’impotenza di un cambiamento reale di quelle condizioni sistemiche basilari, che sole possono sostenere un artista, cosiccome un soldato, uno scienziato, ed un lavoratore, un maestro, un amico, un padre, un amante, in un atteggiamento diametralmente opposto: assolutamente serio ed improntato alla disciplina, al mantenimento nel giusto limite, alla giusta gradualità e alla responsabilità sociale. Ma non si può esigere questo da chi vive in esilio nel proprio mondo.
La registrazione di An American Prayer fu un lavoro accurato e disciplinato: voce pulita, sobria, ben calibrata, seria, di grande contegno. Tuttavia i Doors non gli erano mai stati nemici, e sebbene con un ruolo di contorno, avevano creato intorno a lui il sottofondo musicale ed anche il consesso umano adatto a veicolare e potenziare la sua creatività. La musica dei doors in realtà abbellisce le poesie di Jim, lui stesso non potrebbe affermare di percepirla come un abito scomodo. Alla fine a cantare ci aveva preso gusto, e le aveva cantate sopra quelle note: quello era dunque, il sound dei suoi versi. Per cui Ray, Robby e John non gli fecero affatto un torto, ed anzi un finale omaggio e ottimo servigio, nel musicare con il loro stile, in maniera stupefacentemente raffinata ed appropriata, e con l’assoluto tocco di classe di porre A Feast of Friends sull’adagio di Albinoni, le sue ultime parole.
Per non voler ammettere quanto ho sommariamente delineato sopra, di cui molti dovevano essere in realtà consapevoli, e con ben maggiore certezza e ricchezza di elementi, visto che gli avevano vissuto vicino, alla sua morte sono state date spiegazioni semplicistiche, superficiali, evasive o fantasiose (come addirittura quella secondo cui Morrison fosse ancora vivo: e che fosse ricomparso nel 1981, dichiarando come avesse inscenato la sua morte per tornare a vivere: quando aveva precisamente inscenato la sua vita per tornare a morire).
JIM MORRISON NON è MORTO DI OVERDOSE: SI è SUICIDATO. PREMEDITATAMENTE. È ANDATO A MORIRE A PARIGI ASSIEME A RIMBAUD E VERLAINE, ASSIEME A WILLIAM BLAKE E OSCAR WILDE: ASSIEME AI SUOI AMICI.

A chi aveva detto la verità?

martedì 19 aprile 2016

Inesorabilmente


Non prendere in mano la penna
prima di avere un pensiero in testa
ben presto il vetro si appanna
di colpo l'inchiostro s'arresta

prosegui la via pensosa
la circostanza raccoglie molto
in specie se ardimentosa
tra tutti gli stimoli che hai accolto

ma sappi distenderti, devi sapere
sol l'impressione dev'essere intensa
dopo si tratta di sublimare
i suoi deflussi in ritmica danza

poi, come stessi avvitando un pannello
le singole viti devi aggiustare
stringendone una cade il pivello
che le altre cinque non può avvitare

non affezionarti troppo a un pensiero
sai che può essere un fuoco fatuo
non era l'occhio di uno sparviero
quello che adesso pesca nel vacuo

fidati solo di oggetti chiari
e non disdegnar di finire lontano
da quel che volevi scrivere ieri
quel che più conta, ti ritorna in mano

ma tutto si articoli intorno ad un centro
come nell'arte, così nella vita
se vuoi tirar fuori quello che hai dentro
non devi giocare un'altra partita

Se vuoi avere dei buoni auspici
tu devi mettere le radici.

Ti insegno che puoi profanare un tempio
se non sei d'accordo con la sua religione;
non per ignoranza o maleducazione:
risulteresti ancora più empio

quando t'acquieti, o senti il dolore
o provi rispetto, non vuoi la guerra...
ti piega un ignobile guastatore,
ed ecco che vuoi bruciare la Terra!

se un cretino ti chiede d'esser coerente
andando a combattere in culo al mondo
digli sereno, a quell'essere immondo
che le tue giornate son già cruente

che non è guerra fine a se stessa
né per servire interessi altrui
ma una tensione, bruciante, indefessa
volta ad uscire dai "decenni bui"

vuoi disarmare la stupidità
spazzarla via dal suo trucido seggio
quando ha usurpato la nobiltà
lei non poteva fare di peggio

e me ne sto costruendo le armi
ma non potevo versare sangue
improvvisando, per poi raccontarmi
che in questo modo il problema si estingue

certo che avrei avuto uno sfogo
senza accumular debiti d'azione
senza bollir nella frustrazione
ma avrei raddoppiato presto il mio giogo

ora si tratta di realizzare
quanto negletta, in codesta vita
dev'esser la gioia di trasformare
i propri impulsi in azione amica

io bene credo nell'aldilà
che si sopravviva dopo la morte
ma vi sono indotto dal fatto che qua
mi sono andate ben tutte storte

e poi dal fatto che ho visto il motivo
la scelta d'origine, e ciò che ho creato
in controparte, con sforzo attivo
e che nell'eterno mi sia già lanciato

ma questa è l'impresa più colossale
ossia d'invertire del tempo il tragitto
chiedono i pulpiti dell'Ideale
più delle piramidi dell'antico Egitto

or diffidiam della concezione
d'aspettar passivi che il mondo schiatti
che ne sia prevista la distruzione
per il logorio di tutti i suoi ratti

ben ne verremmo presto travolti
senza più alcun mezzo d'insurrezione
vedremmo uomini stremati dai volti
e su chi cadrebbe la selezione?

Invece dobbiamo lottare adesso
un punto alla volta, ma costantemente
frenare il macigno, seguirlo d'appresso
e spingerlo opposto diametralmente

ci aiuteranno le linfe dei boschi...
non agiranno idealisticamente
le anime turpi di questi mortali
ma ci seguiranno inesorabilmente.


domenica 10 aprile 2016

Conosci il male



La gente violenta e calpesta
senza manco rendersene conto,
e quando se ne rende conto, lo fa lo stesso.
Discrimina al contrario e offende i giusti,
nega l'ascolto, il compromesso e la riconciliazione.
La vita è crudele con le persone intelligenti
e chi ha vissuto in un mondo più umano
è confortato all'idea di restarci,
tanto che si tiene a distanza da un pensiero "duro",
ma dovrebbe mescolarsi col male, sentirlo,
mettere in dubbio se stesso e i "valori" in cui ha creduto,
molto variabili con la crescita dell'esperienza,
che ti rende più giusto. Io l'ho fatto. E 
chi non conosce il male ne parla a sproposito.
Ma lui dice: "mi fido molto di più della mia
sensibilità che non della mia ragione
e se la prima ha reagito male vuol dire
che proprio non mi appartengono,
la ragione non ci ha messo bocca."
Io rispondo che bisogna prima trovarsi
in panni diversi per dire che un pensiero,
un concetto, un desiderio, una reazione, un atto,
non ti appartengono. Ma mescolarsi col male
non significa essere cattivi, bensì coraggiosi.
Se sei cattivo, ti serve meno coraggio.
E lui: Io non mi mescolo con niente e con
nessuno a meno che la mia sensibilità
non mi suggerisca di farlo...
E io: allora hai una sensibilità difettiva
e non puoi essere giusto.
Comunque il tuo ultimo messaggio, nel caso
non lo sapessi, esprime il principio del razzismo.
E lui: sarà difettiva? Difettata? Boh, però mi fido.
E io: non si può diffidare della propria sensibilità,
perché a farlo dovrebbe essere una metasensibilità,
ossia una sensibilità più vasta.
Ma la criminalità di una persona è definita dai limiti
oggettivi della sua sensibilità: essa determina i danni
che costui è in grado di fare.

Silenzio.

venerdì 8 aprile 2016

Talvolta bastano un paio di pinze


Viaggio stridente in quest'antro di fumo
non bolle in pentola nulla di chiaro
né sono nuove le forme che assumo
non è del gusto diverso l'amaro

chissà quanto tempo dovrà passare
perché le cose erronee che ho ammesso
vedano tutti i segreti svelare
ed il mio nome mi sia concesso

chi tiene troppo a cuore il suo onore
rischia di perderlo nella distanza
se lo distanzi senza rancore
ritornerà senza intermittenza

ho l'impressione che questa vita
abbia disposto dei piani precisi
che non eccedano nella salita
perché i suoi pupilli non li vuole arresi

non tira mai quindi troppo la corda
e non per caso lei non si spezza
astuta nei compromessi che accorda
conserva tutto nella sua interezza

se c'è un valore nella sostanza
non servono fate, non servono maghi
non servono incontri della provvidenza
serve soltanto crescer per gradi

e abbandonare l'ansia di prendere
frutti maturi da un albero acerbo
ci sono cose che non puoi comprendere
solo se vecchio il vino è superbo

ipotizzando che le assonanze
siano alleanze concettuali
talvolta bastano un paio di pinze
per disegnare dei paralleli

vorresti avere un bel mappamondo
con una mano trovare tutto
ma per chi ha corrotto le cose in fondo
la tua scoperta sarebbe un lutto

ecco che l'arte di collegare
è una battaglia dai mille volti
spesso, persone che non puoi incontrare
fa la tua parte, perduto tra molti

estraniati da chi non vuol capire
chiudi in te stesso una buona azione
cerca uno scorcio di bel sentire
lancia la rete dell'intuizione

se non impari l'economia
di cuore e cervello, non hai speranze
se tu non poti lungo la via
l'albero crolla, e chiude le danze

prova di getto a scriverlo in rima
sai ben che vola solo chi osa
ma se hai volato già molto prima
osa fermarti e passa alla prosa. 

sabato 2 aprile 2016

Adrenalina dolce


Queste anime passanti mi dicon chiaramente
dimenticati il mondo e coltiva il tuo orticello
non sanno che mi domina il regno della mente
fuori la terra è sterile, e non ho ravanello

per la lontana scelta, che detta la natura
si snodano nel tempo i fatti conseguenti
con precision crudele, procede la stesura
osservano impassibili contesti consenzienti

non osservasti bene il serio isolamento
non accordasti al prossimo legittima fiducia
se il vero si distorce in ogni suo elemento
adesso non stupirti se la ferita brucia

tradisci anche il proposito di uscirtene per gradi
a infide tentazioni il passo presta ascolto
e un liquido tagliente pervade tutti i laghi
la legge associativa punisce anche l'assolto

si perdono nel vuoto impossibili riforme
lassù manca l'ossigeno, quaggiù il deserto spande
prosegue nel suo moto, e il suo pensiero dorme
un mondo assai più cinico che non le tue domande

smettila d'assorbire le colpe universali
non hai neanche le tue, e ficcatelo in testa
si tengano le arene di tutti loro mali
e segui il lor consiglio: non perderti la festa

non sai se ciò derivi da istinto redentore
o se sia l'abitudine di stare in minoranza
sentire ovunque l'odio per ciò che è superiore
o che all'attaccamento risponda indifferenza

piccole grandi cose avrebbero cambiato
quasi tutta la vita, in senso contingente
prosegue nel presente lo stridio del passato
l'innata differenza ancor si sente

ma sei curioso e acerbo, se anche sei maturo
vuoi aspettar la vita di nuovi continenti
frugare avidamente le stanze del futuro
sposare la pazienza di cose sorprendenti

ma chiuderla così mi lascia un po' perplesso
volevo spennellare un bel colpo di classe
per distillare il semplice dal regno del complesso
bisogna inizialmente sbrogliare le matasse

quando hai messo sul banco tutti i singoli fili
tu scremi quelli insulsi o ben poco influenti
li leghi in una treccia e vedi dove arrivi
puoi giungere alla fine, al monte dei sapienti

il saggio non si ferma, finché non ha sentito
con le palme dei piedi, il senso del distacco
se il nucleo del problema ancor non è svanito
è che delle sue tresche non hai vuotato il sacco

non superi il confine: ti manca un elemento
girovaghi nel limbo, senza coordinazione
non è l'adrenalina dolce di chi ha vinto
non c'è abbastanza ossigeno in circolazione

allora tu ti fermi e guardi alle tue spalle
laddove la paura logora indefessa
ha fatto della strada la tua dose di palle
non senti che la vita è un po' meno compromessa?

E allora non capisci, qual è la conclusione?
non è salir su un monte che scioglie il tuo problema
nemmeno per metafora, deponi l'illusione
prosegui nella vita e chiudi il tema