Qual rotolo di colpe mai
concesse
l’avverarsi di quanto mi è accaduto
mi laceran le spine, già, le stesse
che santa verità non ha amputato
e son malato dentro e provo
a vivere
lo stesso – ma altri intrichi di plebaglia
le cose posson solo fare stridere
ed indicando in me colui che sbaglia
si aggrava la vision di quel
che fui
la percepisco in occhi assai distanti
non posso porre luce in questi bui
calmare i truci battiti pulsanti
fermar le mostruose
metamorfosi
che il mio ego attua nella mente
debole di soggetti assai schifosi
che dominano spudoratamente
si annette a questo il
vomito presente
di gente che mi ha tolto la debita autostima
corretta percezione dell’essente
di tutto ciò che ho visto e fatto prima
e strascichi di umore
velenoso
trascino e ancor mi scorron nelle vene
l’impeto è perso, non può darsi esploso
vindice sopra quelle teste oscene
se ad una età avanzata non
han fatto
tappe del tuo percorso illuminante
purtroppo devi prender triste atto
ch’eran diversi sin dal primo istante
significa che mai non le
faranno
nemici sono intrinsecamente
mai ti chiederan scusa, non si ravvederanno
il germe ch’era in te è del tutto assente
puntano altrove, hanno altri
valori
ebbene condizioni di esistenza
e gioia – ogni volta che vai fuori
devi guardarti dalla lor violenza
aperta o subdola, ma sempre
perniciosa
scorgi l’identità quando si muove
ad imporre sé stessa, in tutta la sua rosa
guarda sulla realtà com’essa piove
all’aquila rapace similmente
però le manca vista sopraffina
regalità, ma indifferentemente
del mondo crede d’essere la cima
e deve agir, già, come se lo
fosse
poiché al debole spetta come al forte
imperioso egoismo, in tutte le sue mosse
ridurre il mondo a sé, fino alla morte
unico limite a questo fenomeno
la forza dei diversi oppositori
cosmico agone allora non incrimino:
dobbiam uscirne fieri vincitori!
l’avverarsi di quanto mi è accaduto
mi laceran le spine, già, le stesse
che santa verità non ha amputato
lo stesso – ma altri intrichi di plebaglia
le cose posson solo fare stridere
ed indicando in me colui che sbaglia
la percepisco in occhi assai distanti
non posso porre luce in questi bui
calmare i truci battiti pulsanti
che il mio ego attua nella mente
debole di soggetti assai schifosi
che dominano spudoratamente
di gente che mi ha tolto la debita autostima
corretta percezione dell’essente
di tutto ciò che ho visto e fatto prima
trascino e ancor mi scorron nelle vene
l’impeto è perso, non può darsi esploso
vindice sopra quelle teste oscene
tappe del tuo percorso illuminante
purtroppo devi prender triste atto
ch’eran diversi sin dal primo istante
nemici sono intrinsecamente
mai ti chiederan scusa, non si ravvederanno
il germe ch’era in te è del tutto assente
ebbene condizioni di esistenza
e gioia – ogni volta che vai fuori
devi guardarti dalla lor violenza
scorgi l’identità quando si muove
ad imporre sé stessa, in tutta la sua rosa
guarda sulla realtà com’essa piove
però le manca vista sopraffina
regalità, ma indifferentemente
del mondo crede d’essere la cima
poiché al debole spetta come al forte
imperioso egoismo, in tutte le sue mosse
ridurre il mondo a sé, fino alla morte
la forza dei diversi oppositori
cosmico agone allora non incrimino:
dobbiam uscirne fieri vincitori!