Islanda
martedì 31 gennaio 2017
Dentro e fuori la rete
Queste acque salmastre
ancor mordono, gelano
Presunzione
è chiamata all'appello
per pensare in grande
pretendere
fare un passo oltre
possono trovarsi deltaplani
o aerei di linea
che ci raccolgano
e portino via
nell'isolotto che deve
diventar continente
e civilizzarsi
ancora braccati
lanciamo occhiatacce
alla paura
che non si conviene
alle strade maestre
mi hanno intrappolato davvero bene
ma tra le maglie della rete
si può ancora sgattaiolare fuori
si può ancora
sgattaiolare fieri
ché autostima significa
azione
e azione significa stima
gli dèi mi lascino guarire
dalla peste del tempo
mi lascino libero
di essere quel che ero
prima del contagio
voglio cambiare
il colore del cielo.
giovedì 26 gennaio 2017
Poema Italico (I-IV) Liberamente tratto dalla Storia d'Italia di Indro Montanelli
CAPITOLO
PRIMO
GLI UNNI ALLE
VISTE
Dovete saper,
come cosa prima
che la storia
d'Europa comincia in Cina
che nelle
scuole non la si insegni
a compartimenti
stagni
In tal luogo
remoto, come in Occidente
si era ben
costituito un Impero
che allora avea
unificato l'Oriente
negli stessi
secoli, a dire il vero
Eppoi
decadendo, come per invidia
si è trovato
esposto alla stessa insidia
lor che
l'aiutarono a decadere:
erano i Barbari
alle frontiere
sola
differenza, era orbene questa:
la direzione
della tempesta.
Eran queste
nomadi popolazioni
scorrazzanti le
steppe dell'Asia Centrale
che selvagge e
aduse alle invasioni
la Grande
Muraglia doveva arginare
I Romani
avevano, analogamente
nel famoso
limes la lor difesa
elevata
– e lunga, sull'altro frangente
vide
l'intenzione sua disattesa
Poiché
sempre reggono le muraglie
finché
son presenti buoni soldati
che
tengano duro nel presidiarle
altrimenti
son come compensati
Come
nel millenovecentoquaranta
cede
la linea francese ai tedeschi,
cavalieri
mongoli di alta prestanza
vedon
la muraglia come ostacoli equestri
temerari
quanto indisciplinati
saccheggiarono
e misero a ferro e fuoco
quel
Paese – ma da veri incapaci
nulla
costruirono, poi, in suo loco
sicché
a loro volta – da altri barbari
oltre
la Muraglia furon scacciati
che
riunificarono pian piano la Cina
da
bravi incolti, alla scienza ingrati
Fu
così che dovettero ritentare
non
avendo nozione d'agricoltura
quale
popolo nomade, con l'attaccare
ad
Occidente, senza paura
qui
non v'eran muri da sormontare
e
grandi eserciti da vincer nemmeno
fino
all'Elba e al Danubio si stendevan chiare
solo
steppe - abitate dal pastor germano
Siamo qui
alla metà del secolo quarto
cominciò
l'alluvione a prendere il largo.
Si
eran già visti due secoli prima
questi,
ed eran stati chiamati Unni
e
tuttavia, al Senato di Roma
forse
non ne giunsero neppure accenni
furono
già pochi e slegati gruppi
che
sul fronte del Don, fermaron gli Alani
e
da ciò che avveniva, gli Imperatori romani
al
di là del limes – non
erano attratti
Ma
già nel trecentonovantacinque
giunge
dalla Tracia una voce allarmante,
un'apparizione
terrificante:
gli
Unni sul Danubio, e non eran cinque
è
la voce di Ammiano Marcellino
"piccoli
e tozzi" – così li descrive,
vivon sui
cavalli, l'errabondo destino
ed
or si stagliavano su quelle rive
non
minacciarono adesso l'Impero
solo
– entrati in Pannonia, l'attuale Ungheria -
avanzaron
richieste di tributi in oro
tramite
il loro Re, Rua.
Lui
si vide accolte quelle richieste
e
dai racconti germani, ne fu sorpreso
essi
che gli dissero che questi Romani
eran
sì potenti da trovarti arreso
Da
quel comodo posto di osservazione
questo
Re decise di veder più chiaro
dentro
questo impero - acché la tenzone
non
avesse un esito certo e amaro
Ad
un primo impatto, quella visione
sembrò
richiamare l'età augustea
solido
e compatto come un bastione
parve
meritarsi quella nomea
Una
magnifica rete di strade
sostenea
commerci mai visti prima
dai
deserti d'Arabia, per molte contrade
raggiungevi
la Scozia che al vallo collima
Le
derrate agricole e le materie prime
davan
le province dell'Occidente
lavoravan
poi, quelle dell'Oriente
nelle
lor industrie, il prodotto fine
Eran
vino e olio della Provenza,
cuoio
e lana di Gallia, che verso Damasco
salpavano
col minerale basco
e
tornavan fatti di arte e scienza
Vale
a dir tessuti, tappeti, profumi
vetrerie,
cosmetici, utensili ed armi
signori
del commercio furono i Siriani
invasero
sì l'Occidente, senz'armi
Dalla
Grecia poi, o anche dall'Egitto
venne
invece il nerbo dell'intellighenzia
delle
professioni più liberali
secondo
il medesimo detto tragitto
In
secondo tempo anche l'Occidente
sviluppò
l'industria – il latifondista
di
denaro pieno, seguì nuova pista:
manufatti
in Francia e nella Val del Reno
Grazie
a questi traffici, e l'unica moneta
-
il denario d'oro, che dal Portogallo
fino
alla Crimea veniva accettata -
pose
le province allo stesso livello
Com'era
uniforme la legge romana
stavan
somigliandosi i costumi e gli usi
caddero
i dialetti per la lingua latina
e
in Oriente al greco erano adusi
In
sostanza Roma avea trionfato
di
già sulle resistenze locali
Caracalla
dunque aveva sancito
la
cittadinanza a cittadini reali
Non
esisteva un vero censimento
ma
erano meno di quanto ci si aspetti
centoventi
milioni, tra i vari distretti
e
parificato era l'intero armento
Ma
questo pareva ben da lontano -
quanto
all'occhio di Attila, le scrutò, sveglio
e
dal suo appostamento, non osservò invano
che
le cose non andavano poi per il meglio
Si
erge storica a questo punto
la
figura illirica di Costantino
le
due innovazioni cui per lui era giunto
diedero
all'Impero un nuovo destino
La
capitale spostò a Bisanzio
e
dichiarò poi la religion cristiana
vera
ed ufficiale, per tutto il censo
parimenti
alla crisi di quella pagana
L'unità
religiosa non fu reale
come
nella politica, era frammentato
questo
vecchio Impero, con il suo ideale
che
di tanta gloria si era ammantato
Costantinopoli
si era sviluppata
a
spese di Roma e tutto l'Occidente
commercialmente
meglio situata
raccoglieva
merci da tutto l'Oriente
con
l'Imperatore, e per la sua mano
il
sistema politico si accentrava di più
e
sebbene ancor si chiamasse "romano"
in
realtà di fatto non lo era più
Prima
ancor di spostare la sede altrove
gl'Imperatori
avevan cessato
di
farsi eleggere dal Senato
e
acclamar dal popolo, come Augusto vuole
Si
era dunque giunti a un'autocrazia
temperata
al diritto di regicidio
forse
un generale, con un tale omicidio
al
potere poteva spianarsi la via
La
vicinanza alle satrapie orientali
cui
l'esponeva la nuova capitale
rese
più dispotico il potere centrale
in
una maniera ora senza eguali
La
posizione di protettore,
della
Santa Chiesa, che si era dato
mise
nelle mani dell'Imperatore
di
fatto il potere anche del Papato
Il
Patriarca è solo un ministro
per
il culto – e riceve ordini da lui
anche
nei concili, faceva il punto
su
question di dogma ed annessi suoi
Divenute
adesso, le finanze imperiali
quelle
personali dell'Imperatore
la
burocrazia, ora senza eguali
della
realtà perderà il sentore
Quella
dell'esercito dislocato
sugli
immensi e lontanissimi confini
e
dei Generali viene paventato
il
ritorno a casa, per ovvie ragioni
Persino
la lingua non è più la stessa
al
latino si è sostituito il greco
la
vecchia capitale, decaduta e passa
più
non se la filano manco di sbieco
Tuttavia
vige, ma la carta mente
dicendo
l'Impero uno e indiviso
se
i due tronchi han vita ora indipendente
li
accomuna il limes dal barbarico viso.
CAPITOLO
SECONDO
IL
LIMES E IL SUO ESERCITO
Il
senno di Augusto aveva cercato
frontiere
naturali a difesa dell'impero
fra
i tre grandi fiumi l'aveva incastrato
il
Danubio, l'Eufrate ed il Reno
ma
dove si era dovuto varcarli
per
annettere e presidiar qualche zona
i
confini dovettero fortificarli
il
che alla parola limes s'intona
va
da sé che l'opera gigantesca
fu
costruita da generazioni
ma
per guerra improvvisa o per sicurezza
spesso
dovevan spostarne i confini
non
vi era un piano dello Stato Maggiore
ma
le tattiche di singole guarnigioni
cosicché
non era dappertutto uguale
tranne
le costanti di quelle costruzioni
c'erano
avamposti, muniti di fossati
la
terra battuta formava un bastione
le
palizzate coprivano i lati
e
v'eran torrette per l'osservazione
gli
accampamenti, che furono tende
delle
legioni in linea offensiva
ora
eran fatte di calce e pietre
ossia
villaggi per la compagnia
più
indietro, grandi accantonamenti
vi
bivaccava il grosso delle armate
pronti
ad accorrere combattenti
quando
le linee eran minacciate
ma
erano linee di sorveglianza e difesa
e
dimostrarono inadeguatezza
Pitti,
poi Franchi, e poi Alemanni
le
avevan sfondate in scioltezza
Quanto
più larghe si facevan le brecce
tanto
più ogni singola citta dell'Impero
costruiva
il suo limes, e con le sue frecce
si
difendeva dallo straniero
qui
gli architetti eran ricercati
divennero
ricchi, e l'assessorato
all'edilizia,
per i fondi stanziati
era
l'incarico maggiormente ambìto
era
riuscito al governo romano
d'impedire
il formarsi delle città-stato
con
la sua cultura e la spada in mano
ciò
che la Grecia avea funestato
ma
a questo cambiamento si aggiunse
quel
dell'esercito – che fu decisivo
il
cittadino, ex-soldato assunse
un
comportamento passivo
già
Diocleziano e Costantino
avean
separato le due carriere
e
arruolati i barbari nelle proprie file
preannunciarono
un bieco destino
si
divise l'esercito in due armate
una
di campagna una di frontiera
la
seconda era immobile, e nelle sue giornate
intraprese
una strada assai nera
avevano
messo radici sul posto
eran
soldati mezzi contadini
sposarsi
alle indigene pareva giusto
e
presto divenne il costume dei primi
la
"cortina di ferro" di tale Impero
venne
ad essere ora un terreno misto
una
zona d'incontro tra romano e straniero
e
la lingua un dialetto tra il latino e il tedesco
l'armata
di campagna non era migliore
essendo
diventata oramai tedesca
non
conosce Stato e disciplina superiore
era
mercenaria... una strana tresca
cultura
non aveano assimilato
non
potevan fare carriera civile
da
molti il latino, addirittura ignorato
li
costringeva a quella militare
le
cosiddette "invasioni barbariche"
furono
dunque, in senso primario
un
fenomeno interno: istituzioni cariche
di
promiscuità – ma fu volontario?
CAPITOLO
TERZO
I
BARBARI
Descritti
dai primi scrittori romani
tra
lo stupore e l'ammirazione
avevano
gli occhi e i capelli chiari
e
facevano tutto in comunione
Scesi
dai territori norreni
-
così raccontavano le leggende orali
eran
capaci per un nonnulla
d'intenerirsi
o venire ai pugnali
erano
effimere le loro capanne
dacché
si nutrivano di selvaggina
e
quando esauriva ormai tra le canne
essi
emigravano in un'altra zona
Hitler
riprese, duemila anni dopo
il
loro nucleo organizzativo
ovvero
il gau, che aveva lo scopo
di
fornire soldati all'esercito attivo
esso
era un gruppo di molte famiglie
che
fornivano mille, millecinque guerrieri
si
riunivan talvolta in assemblee plenarie
per
eleggere un Re, o una guerra veri
Qual
differenza fondamentale
tra
il barbaro ed il romano cittadino?
che
il secondo era parte di un universale
mentre
il primo individuo senza vincolo alcuno
quando
un popolo barbaro ne vinceva un altro
non
lo riduceva però in schiavitù,
ciò
era incompatibile col nomadismo:
e
lo arruolava invece nella sua tribù.
Non
si chiamarono i Longobardi
per
via scontata della lunga barba
bensì
per un'ascia chiamata barda
o
almeno così si scoprì più tardi
I
Franchi, derisi per l'abitudine
di
radersi accuratamente il volto
devono
il nome alla consuetudine
di
usar la "francesca" in combattimento
Si
riconobbero invece i Burgundi,
dal
burro rancido che nei capelli
quei
ragazzoni alti e robusti
sempre
spalmavano per farsi più belli
I
primi Ostrogoti e Visigoti
che
diedero una spallata all'Italia
facevano
parte di un popolo: i Goti
originario
però della Svezia
non
possedevano una lingua scritta
e
solamente nel secolo sesto
per
le affezioni di cultura latina
le
lor tradizioni ebbero un testo
disse
Giordane, tra storia e leggenda
che
quattro secoli prima di Cristo
con
sole tre barche, a loro rischio
mossero
in Germania a piantare la tenda
rimasero
nella Prussia Orientale
a
ridosso dei Vandali, or guerreggiando
poi
a sud-est vollero virare
ignari
del guado che li stava aspettando
in
Lituania vi eran paludi
che
inghiottirono ben la metà di loro
spettri
e lamenti degli affondati
si
posson sentir dieci secoli dopo
viaggiarono
anni, forse decenni
poiché
si spostavano pesanti e lenti
in
mezzo a soste, e combattimenti
e
deviazioni perenni
quando
ragginsero infine il mare
quel
che a dir bene, era il Mar Nero
il
loro giubilo fu certo immane
dice
il cantore sincero
qui
si stanziarono e poi si divisero
in
Visigoti, Ostrogoti e Gepidi
secondo
le rotte che intrapresero
e
verso l'Impero guardarono intrepidi
fu
guerra fredda oppur guerra calda
ma
tra alcuni resse ben l'amicizia
vi
si arruolarono, ed essa fu salda
ma
essere misti, entrambi li vizia
La
prima vera azione di guerra
contro
i Romani, è nel due-e-cinquanta
quando
sul trono ancor c'era Decio
Cniva
lo vinse con furia tanta
fu
la battaglia di Filippopoli
invero
conclusa per un tradimento
fatto
sta che adesso, agli occhi dei popoli
Roma
non era più invicta da tempo
attaccarono
Troia, Bisanzio, Efeso,
Corinto,
Sparta, poi Argo ed Atene
ben
oltre il limes si fecero largo
sparsero
il seme
Poi
Claudio II, in guerra di Serbia
avea
dal passato tratto lezione
cavalleria
più caparbia
fece
miglior prestazione
cinquantamila
Goti stecchiti
altri
sospinti tra monti e paludi
ma
i lor cadaveri, infetti ed ignudi
quanti
ne aveano appestati!
Il
successore Aureliano portò
a
Roma il goto sconfitto
però
la pace non gli negò
e
alla Dacia gli diede diritto
Qui
diventarono civilizzati
si
mescolarono alla popolazione
locale
di uomini già romanizzati
impararono
lingua e religione
a
fargliene dono fu un uomo solo
Ulfila,
un goto di razza non pura
era
seguace del culto ariano
lo
mandarono a spandere quella cultura
inventò
una lingua di sana pianta
il
Gotico - e poi la Bibbia tradusse
la
fatica fu senza dubbio tanta
affinché
tanto seguito avesse
tutti
i tedeschi, salvo Sassoni e Franchi
di
quella lingua ebbero contagio
la
fede di Ulfila appresero in tanti
ma
non era cattolica, e fu un presagio...
Il
giorno che i Goti videro gli Unni
ne
ebbero invero tremenda impressione
ne
furon sconfitti, e per ottant'anni
stettero
sotto il loro tallone
cercaron
rifugio in Roma, oltre il limes
li
supplicarono di poter passare
Valente
accettò, ma oltre quel confine
c'erano
accordi da rispettare
furono
invero malamente spogliati
di
tutti i loro migliori averi
i
gerarchi si erano accaparrati
i
giovanotti migliori come schiavi
e
le più belle ragazze come concubine...
diedero
ai barbari brutto spettacolo
questi
Romani di cultura fine...
finì
il miracolo
vi
furono moti di ribellione
da
tutta la Tracia affluirono i Goti
ad
Adrianopoli fu distruzione
per
le truppe romane e i suoi duci
di
Valente dissero gli storici cristiani
che
era caduto a espiazion del peccato
d'aver
consentito di restare ariani
a
chi il Danubio avea traversato
CAPITOLO
QUARTO
TEODOSIO
Tutto
sembrò sul momento crollare
senza
un esercito e senza una guida
restava
ad Est, un gran generale
a
continuare l'infausta sfida
Si
chiamava Graziano, risoluto ed abile
teneva
testa a Franchi e Alemanni
ma
l'Impero d'Oriente, con il trono vacante
temette
qui che il nemico lo scanni
avanzando
l'orda dei gotici popoli
e
aspettandoli ormai guarnigioni vuote
che
li videro in marcia verso Adrianopoli
venne
loro in aiuto il paese delle garrote
Graziano
lo scelse: era ormai in pensione
questo
vecchio generale di nome Teodosio
figlio
di un omonimo, glorioso nome
che
finì sul patibolo anziché sul podio
Luogotenente
del vasto impero
non
si sa come avesse fatto carriera
ma
difese Britannia, poi in Africa il Moro
soffocò
rivoltoso sotto la sua bandiera
fu
la sua ricompensa la condanna a morte
e
nessuno è riuscito a far luce su ciò
si
sa solo che egli, informato della sorte
volle
sol battezzarsi: poi sereno spirò.
Il
suo omonimo figlio, Duca di Mesia
dopo
buona carriera, si ritirò in Spagna
a
vita privata, sino a che Graziano
tale
ruolo gli assegna:
di
essere orben l'Imperatore d'Oriente
e
ci si chiede perché proprio un come lui
che
orfano di padre, figlio di un innocente
poteva
covare propositi bui
Teodosio
e Graziano svolsero a quattro mani
politica
accorta nei confronti dei Goti
che
fallendo l'assedio di Adrianopoli
scorrazzavano
or nei Balcani
Se
non v'era un esercito per affrontarli
in
una diretta battaglia campale
si
misero ai lati a logorarli
ma
tendendo una mano, per riconciliare
Il
loro capo, Atanarico
aveva
giurato di non mettere piede
-
nemmeno se l'Unno barbarico incede -
a
sua volta sul suolo dell'Impero nemico
però
gli Unni tornarono nel trecentottanta
non
rimase che chiedere ospitalità
traversato
il Danubio, al sovrano di là
dal
momento che la pressione fu tanta
Non
fece Teodosio come Valente
e
lo accolse invece con cortesia
lo
coprì di doni, e da uomo galante
fino
a Costantinopoli gli spianò la via
qui
profuse il Barbaro la sua ammirazione
per
quella ignota, magnifica città
e
rivolse al suo Re la sua venerazione
disse
"chiunque lo tocchi, commette empietà"
L'onorò
Teodosio, alla sua morte
cavalcando
in persona dinanzi alla bara
questa
cerimonia impressionò forte
gli
Ostrogoti presenti, or fedeli a chi impera
ma
questi eran solo una minoranza
v'era
grande inquietudine ad Occidente
Massimo
dall'Inghilterra, discese in Francia
assassinò
Graziano, il colto e brillante
questo
pio Imperatore aveva commesso
soltanto
due errori, ma ahimé molto gravi:
pensar
più allo sport che allo Stato stesso
e
di sceglier tra i barbari i suoi ufficiali
Egli
lasciava, come suo successore
il
suo fratellastro Valentiniano II
a
costui – ragazzino - non restò in queste ore
che
la madre Giustina a 'sto mondo
Massimo,
altro generale spagnolo,
per
il momento non minacciò il ragazzo
non
pretese il titolo di Imperatore
a
evitar di Teodosio lo scazzo
Non
reagì però questi, a quel pessimo affronto:
l'uccisione
del suo vero amico e collega
cui
doveva il trono, e per la sua indecisione
lo
pensarono ingrato, e coinvolto nella bega
egli
era un carattere non ben penetrabile
ma
ogni vero spagnolo ricorda un detto
quello
che ai giorni nostri è ancor memorabile
la vendetta
è un piatto da servire freddo...
per
quattro anni, lungi dal protestare
per
il regicidio e usurpazion del comando
continuò
amichevole a comunicare
per
missiva con lui - cosa stava pensando?
S'avviò
il regicida verso l'Italia
dove
Giustina governava malamente
in
nome del piccolo Valentiniano
denunziando
a Teodosio quell'arrogante
era
doppio, e insaziabile la sua ambizione
e
quando ella lo vide traversar le Alpi
spedì
oltre Adriatico la sua apprensione
per
i figli, sulla prima nave che salpi
s'incontrò
con Teodosio a Salonicco
e
gli diede in sposa sua figlia Galla
lui
in contropartita diede a Vale il diritto
al
trono d'Occidente, per tenerlo a galla
si
muoveva invero verso L'italia
e
questo starebbe a dimostrare
che
non eran state le truppe a mancare
ma
qualche proposito che svelar non si voglia
però
queste truppe, bisogna dirlo
per
la gran maggiornaza era gota
contro
d'esse stavano quelle di Massimo
che
eran Franche, e la cosa era nota
Stilicone,
Saro, Abrogaste...
questi
i nomi dei gran generali
ed
invano ne cerchereste
di
più familiari
fu
battuto Massimo, a Leybach,
ad
Aquileia, dove fu catturato
confessò
i suoi misfatti e in catene
fu
decapitato
Quattro
anni seguiron di pace
fu
l'Impero di fatto riunificato
Valentiniano
regnava in vece
di
Teodosio, sotto il suo tutorato
però
nel trecentonovantadue
fece
ahimé la fin di Graziano
stavolta
il ribelle si chiamava Abrogaste
generale
Franco, rozzo e villano
gli
affidò Teodosio lo Stato Maggiore
e
costui in sostanza si montò la testa
non
gradiva un pischello come suo superiore
la
superbia è funesta...
ucciso
il giovane Imperatore,
ebbe
ora il buon senso di affidarne il posto
non
a sé, ma ad un retore, un dotto signore
che
tra i "rispettabili" aveva già un posto
Il
generale franco, probabilmente
lo
prediligeva perché pagano.
Di
nuovo - come nel caso di Graziano,
Teodosio
prese con calma l'evento scottante
la
moglie Galla, esigeva vendetta
lui
l'accontentò solamente quel giorno
che
morì partorendo una figlioletta
Galla
Placidia, di cui vedremo il ritorno
fu
questa battaglia, l'ultima invero
che
si combattè per gli dèi pagani
fra
onirici auspici vinsero i cristiani
ed
il barbaro era tra loro.
mercoledì 25 gennaio 2017
L'oceano sostiene le navi
Farsi
travolgere dai sentimenti
- pensiamo
all'indignazione ed all'ira
produce
solo poesie perdenti:
domina
esperto l'aria che tira
canta
il prospetto di una vittoria
materialmente
puoi non aver vinto
ma se
la carta vuole aver gloria
domi
la mente il tuo labirinto
debellare
in scioltezza le contingenze
brama
di tutti i soggetti ambiziosi
comporta
aver fatto mille esperienze
forza
di cui siamo tutti invidiosi
come
vorremmo un carattere brusco
che
non risente della durezza
con
cui tratta il prossimo e lo guarda fosco
da
intoccabile altezza o bassezza
invece
le nostre miglior creazioni
dobbiamo
alla sensibilità
che
l'ingiustizia delle altrui azioni
spezza
– col tempo – a metà
ché
molti pensano che trattarti da uomo
significhi
farti sentir lo stridore
di un
giudizio erroneo dal barbaro suono
ossia
procurarti, vile, un dolore
ogni
virtù che non hai trasformato
in
una azione vincente
poiché
mancava un contesto adeguato
pone
un furore cocente
pronta
sublima in lettere il moto
per
convogliarlo lontano
e chi
s'infervora del tuo fuoco
muove
per te la sua mano
godrai
in chiunque agisca in tua vece
questa
la reincarnazione
muore
quel mondo che invece
ha
fatto di un grande un barbone
uomo
imbecille si credea portavoce
di
ciò che non c'entra con lui
la
sua reazione mi ha detto invece
che
non fa parte di noi
quelli
che han visto tanto davvero
e non
si stupiscono più
e
mortificaron l'intero
ego –
per giunger lassù
lo
stronzo non ha mortificato niente
ma mi
ha costretto a capire
che
devo cercarmi un nuovo frangente
un
personale avvenire
che
non comporti aver dei compagni
di
qualsivoglia fazione
oltre
che pochi guadagni
in
generale scarsa attenzione
già
prima, un essere inqualificabile
innescò
cosmico il danno
il
complotto più miserabile
mi
fece uscire di senno
oppure
fu questo a creare il complotto
ma
non importa perché
il
risultato è già detto:
doverti
chiudere in te
sarebbe
infausto ogni sodalizio
meglio
che ti abbian tenuto
a
cauta distanza, questo e quel tizio
ti
avrebbero sol danneggiato
puoi
adagiarti nella piccolezza
laboratorio
animato
di
solitaria bellezza
contemplazione
del prato
studio
di tutte le erbe
mentre
di qualcosa campi
tanto
sarai sempreverde
anche
se arranchi
e
taglierà col tempo un po' meno
l'infame
colpa indotta
ti
aiuterà in un baleno
l'arte
incorrotta
musica
penetrerà immortale
lama
di adrenalina
a il
mio malessere dilacerare
spazzarlo,
porlo in sordina
c'è
un palcoscenico ambito e inadatto
cui
spesso poni te stesso
quasi
che ogni tuo atto
dovesse
sfiorare l'eccesso
lo
sfiorerà – come hai detto prima
ma
per le imprese di molti
tutte
agiranno in rima
contro
gli stolti
sei
stato già estremo tu, nel tuo campo
è
ora di rappiccinire
di
ritirarsi nel limbo
per
non morire
sii
lieto d'incedere nel territorio
dopo
le aspre sconfitte
armi
di repertorio
divengono
le lame inflitte
se
anche la bella parte del film
par
non cominciare mai
procedi
sempre così
contro
i tuoi guai
si
giungerà alla performance perfetta
tramite
vita atroce ed inetta
a
difender la forza indebolita
impara
le armi della meschinità
vincerai
questa partita
e non
sarebbe viltà
studia
ben l'uomo moderno
prima
del nuovo conflitto
cogli
di lui ciò che è eterno
e
della storia, ogni delitto
gestisci
ben la paura
anche
i nemici ne hanno
barca
che avanza sicura
riceverà
meno danno
siam
sostenuti dal nostro talento
come
l'oceano sostiene le navi
l'onda
più alta su cui mi cimento
l'han
costruita i miei avi
e
mentre ormai langue la vista
spazzando
si tanto raggio
chiudo
col verso che non mi arresta:
vuol
continuar questo viaggio.
giovedì 19 gennaio 2017
Risalendo la china
Io non potrei esser profondo
se non mi fossi posto di sbieco
precipitando sulla slavina
di questo monte che chiamo "bieco"
potevo essere anch'io lassù
a far combutta coi superficiali
proni e supini verso ogni tabù
che il lor benessere non gliene cali
Se chiamo vile il superficiale
detengo allora le mie ragioni
ché la pigrizia verso il male
ben ne acuisce gli sproni.
Ecco realizzi quanto poco valgano
io loro sdegni, i loro sprezzi
vicini al fuoco si scaldano
odiano invero se stessi
se tra le dieci fiamme dell'etica
han scelto quella più tiepida.
Impara questo, ragazzo
per una vita futura
il più delle volte, il riso è
imbarazzo
l'indignazione paura
E dietro le mosse della perfidia,
giace superba l'invidia.
Se pensi d'invidiar loro,
unisciti al coro!
lunedì 16 gennaio 2017
Gioirò nel sole, dormirò alla luna
Come gioca ingenua la volontà
incapace di auto-determinarsi
al maggior piacere si rivolgerà
le cui proporzioni sanno ben cambiarsi
la bilancia mi obbliga a questa scelta
cambierà l'aspetto radicalmente
ma nel più profondo della mia mente
striderà menzogna ancora indivelta
e m'inchioderà, questo mio passato
ancorché il presente lo trasfiguri
tingerà di aloe i progetti futuri
finché erroneamente sarà interpretato
ci sarà comunque una distensione
sono anni nuovi, da sperimentare
sarà bello andarsene, e quanto a tornare
lo dirà il clima della stagione
per adesso il prossimo non collabora
si difende, non vuole darti corda
scarica due sacchi di ciò che ti ammorba
e una più precisa soluzione elabora
ti sentirai meglio, e passerà il tempo
vale a dir che il piano sprofonderà
l'uomo sarà sveglio, e dall'epicentro
finalmente il coro si ribellerà
ed allora ecco, che della ricetta
una volta invisa, non faranno a meno
fonte del buon senso, che allor negletta
or disseterà questo luogo ameno
chi al mio tormento avrà preso parte
lui sarà già morto, e quanto ai suoi figli
sentiranno il peso delle nuove carte
come colpa immonda che appassisce i gigli
sarà ogni concetto disinfettato
non avrò nel gesto o in parola alcuna
mai commesso l'ombra di un vero peccato
gioirò nel sole, dormirò alla luna
e per sgravio d'onta, tutti i mediocri
non potranno fare orbene che questo:
obbedire agli ordini dei testi sacri
come si addice ad ogni modesto
sarà qui che li potrò perdonare
quella vita infame che avevo dietro
vedrà adesso il modo di ricominciare
sarà un'era nuova, e non si torna indietro.
domenica 15 gennaio 2017
Fino alla prossima eclissi
Sognai un incubo più creativo
di fantasie romanzesche
il mio pensiero divenne vivo
in tutte le sue tresche
solo per pochi fu sempre così
li chiamo quasi fratelli
sono coloro che restano lì
e dopo morti son belli
che non si coglie, in una giornata
se prima lo pensi o lo vivi
la concezione a lungo cercata
ci precedeva sui clivi
par che ci mise un dio in questa landa
acché la scrutassimo acuti
e il dissestato terreno che sbanda
ne ricevesse gli aiuti
ma non ci fu belvedere dorato
forse però basterebbe
a tinger la Critica di questo stato
essa che lo
cambierebbe
invece siam
stritolati qua
ruote dentate
dell'ingranaggio
sadiche inducono il
pensiero là
verso il suo fine,
il suo maggio
ed il percorso è
meccanico sai
se anche una regola
rompo
una più fonda la
rispettai
stratificato è sto
mondo
duce il destin chi
lo segue
trascina chi non lo
vuole
sempre è cercando
tregue
che indirizziam
queste suole
e ritti nelle
radure,
scriviamo pietre
miliari
fuggono alcune
paure
brividi amari
quando di nuovo un
cavallo avanza
su quelle strade
perdute
sente, per l'eco
della tua danza
forze un po' meno
sparute
Rispettabili son
quei soggetti
che ben si sbattono
- ignari
dell'ingiustizia dei
pilastri eretti
dai padri fondatori
però ahimè eroici
sono soltanto
quelli che mettono
in discussione
quelli che
inclinano il banco
cambiano direzione
quelli che per le
lor prestazioni
sono pagati a
schiaffoni
ed a premiare
l'impegno
vedono solo lo
sdegno
quelli che tante
incostanze
devono ad
intolleranze,
più che legittime,
e a tutte le scorie,
e le passate
memorie
quelli che immersi
tra dubbi e tormenti
mai si concilian
gli eventi
quelli che prima si
dannano
e poi
auto-condannano
quelli che esposti
alle acerbe coscienze
vedon stuprate le
usanze, le scienze
quelli che al bosco
del vetro
non tornano
indietro
ed agognando una
nuova erba
l'han concimata con
merda
quella che sono
costretti a sentirsi
trasfigurando gli
intarsi
e molto a lungo
potrei continuare
ma si diventa
prolissi...
assaggia i raggi
residui del sole
fino alla prossima
eclissi
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