Islanda

Islanda
arcobaleno sotto la cascata di Skogafoss in Islanda

martedì 31 gennaio 2017

Dentro e fuori la rete


Queste acque salmastre
ancor mordono, gelano

Presunzione
è chiamata all'appello
per pensare in grande
pretendere
fare un passo oltre

possono trovarsi deltaplani
o aerei di linea
che ci raccolgano
e portino via

nell'isolotto che deve
diventar continente
e civilizzarsi

ancora braccati
lanciamo occhiatacce
alla paura

che non si conviene
alle strade maestre

mi hanno intrappolato davvero bene
ma tra le maglie della rete
si può ancora sgattaiolare fuori

si può ancora
sgattaiolare fieri
ché autostima significa
azione

e azione significa stima

gli dèi mi lascino guarire
dalla peste del tempo

mi lascino libero
di essere quel che ero
prima del contagio

voglio cambiare
il colore del cielo.

giovedì 26 gennaio 2017

Poema Italico (I-IV) Liberamente tratto dalla Storia d'Italia di Indro Montanelli

CAPITOLO PRIMO

GLI UNNI ALLE VISTE


Dovete saper, come cosa prima
che la storia d'Europa comincia in Cina
che nelle scuole non la si insegni
a compartimenti stagni

In tal luogo remoto, come in Occidente
si era ben costituito un Impero
che allora avea unificato l'Oriente
negli stessi secoli, a dire il vero

Eppoi decadendo, come per invidia
si è trovato esposto alla stessa insidia
lor che l'aiutarono a decadere:
erano i Barbari alle frontiere

sola differenza, era orbene questa:
la direzione della tempesta.

Eran queste nomadi popolazioni
scorrazzanti le steppe dell'Asia Centrale
che selvagge e aduse alle invasioni
la Grande Muraglia doveva arginare

I Romani avevano, analogamente
nel famoso limes la lor difesa
elevata – e lunga, sull'altro frangente
vide l'intenzione sua disattesa

Poiché sempre reggono le muraglie
finché son presenti buoni soldati
che tengano duro nel presidiarle
altrimenti son come compensati

Come nel millenovecentoquaranta
cede la linea francese ai tedeschi,
cavalieri mongoli di alta prestanza
vedon la muraglia come ostacoli equestri

temerari quanto indisciplinati
saccheggiarono e misero a ferro e fuoco
quel Paese – ma da veri incapaci
nulla costruirono, poi, in suo loco

sicché a loro volta – da altri barbari
oltre la Muraglia furon scacciati
che riunificarono pian piano la Cina
da bravi incolti, alla scienza ingrati

Fu così che dovettero ritentare
non avendo nozione d'agricoltura
quale popolo nomade, con l'attaccare
ad Occidente, senza paura

qui non v'eran muri da sormontare
e grandi eserciti da vincer nemmeno
fino all'Elba e al Danubio si stendevan chiare
solo steppe - abitate dal pastor germano

Siamo qui alla metà del secolo quarto
cominciò l'alluvione a prendere il largo.

Si eran già visti due secoli prima
questi, ed eran stati chiamati Unni
e tuttavia, al Senato di Roma
forse non ne giunsero neppure accenni

furono già pochi e slegati gruppi
che sul fronte del Don, fermaron gli Alani
e da ciò che avveniva, gli Imperatori romani
al di là del limes – non erano attratti

Ma già nel trecentonovantacinque
giunge dalla Tracia una voce allarmante,
un'apparizione terrificante:
gli Unni sul Danubio, e non eran cinque

è la voce di Ammiano Marcellino
"piccoli e tozzi" – così li descrive,
vivon sui cavalli, l'errabondo destino
ed or si stagliavano su quelle rive

non minacciarono adesso l'Impero
solo – entrati in Pannonia, l'attuale Ungheria -
avanzaron richieste di tributi in oro
tramite il loro Re, Rua.

Lui si vide accolte quelle richieste
e dai racconti germani, ne fu sorpreso
essi che gli dissero che questi Romani
eran sì potenti da trovarti arreso

Da quel comodo posto di osservazione
questo Re decise di veder più chiaro
dentro questo impero - acché la tenzone
non avesse un esito certo e amaro

Ad un primo impatto, quella visione
sembrò richiamare l'età augustea
solido e compatto come un bastione
parve meritarsi quella nomea

Una magnifica rete di strade
sostenea commerci mai visti prima
dai deserti d'Arabia, per molte contrade
raggiungevi la Scozia che al vallo collima

Le derrate agricole e le materie prime
davan le province dell'Occidente
lavoravan poi, quelle dell'Oriente
nelle lor industrie, il prodotto fine

Eran vino e olio della Provenza,
cuoio e lana di Gallia, che verso Damasco
salpavano col minerale basco
e tornavan fatti di arte e scienza

Vale a dir tessuti, tappeti, profumi
vetrerie, cosmetici, utensili ed armi
signori del commercio furono i Siriani
invasero sì l'Occidente, senz'armi

Dalla Grecia poi, o anche dall'Egitto
venne invece il nerbo dell'intellighenzia
delle professioni più liberali
secondo il medesimo detto tragitto

In secondo tempo anche l'Occidente
sviluppò l'industria – il latifondista
di denaro pieno, seguì nuova pista:
manufatti in Francia e nella Val del Reno

Grazie a questi traffici, e l'unica moneta
- il denario d'oro, che dal Portogallo
fino alla Crimea veniva accettata -
pose le province allo stesso livello

Com'era uniforme la legge romana
stavan somigliandosi i costumi e gli usi
caddero i dialetti per la lingua latina
e in Oriente al greco erano adusi

In sostanza Roma avea trionfato
di già sulle resistenze locali
Caracalla dunque aveva sancito
la cittadinanza a cittadini reali

Non esisteva un vero censimento
ma erano meno di quanto ci si aspetti
centoventi milioni, tra i vari distretti
e parificato era l'intero armento

Ma questo pareva ben da lontano -
quanto all'occhio di Attila, le scrutò, sveglio
e dal suo appostamento, non osservò invano
che le cose non andavano poi per il meglio

Si erge storica a questo punto
la figura illirica di Costantino
le due innovazioni cui per lui era giunto
diedero all'Impero un nuovo destino

La capitale spostò a Bisanzio
e dichiarò poi la religion cristiana
vera ed ufficiale, per tutto il censo
parimenti alla crisi di quella pagana

L'unità religiosa non fu reale
come nella politica, era frammentato
questo vecchio Impero, con il suo ideale
che di tanta gloria si era ammantato

Costantinopoli si era sviluppata
a spese di Roma e tutto l'Occidente
commercialmente meglio situata
raccoglieva merci da tutto l'Oriente

con l'Imperatore, e per la sua mano
il sistema politico si accentrava di più
e sebbene ancor si chiamasse "romano"
in realtà di fatto non lo era più

Prima ancor di spostare la sede altrove
gl'Imperatori avevan cessato
di farsi eleggere dal Senato
e acclamar dal popolo, come Augusto vuole

Si era dunque giunti a un'autocrazia
temperata al diritto di regicidio
forse un generale, con un tale omicidio
al potere poteva spianarsi la via

La vicinanza alle satrapie orientali
cui l'esponeva la nuova capitale
rese più dispotico il potere centrale
in una maniera ora senza eguali

La posizione di protettore,
della Santa Chiesa, che si era dato
mise nelle mani dell'Imperatore
di fatto il potere anche del Papato


Il Patriarca è solo un ministro
per il culto – e riceve ordini da lui
anche nei concili, faceva il punto
su question di dogma ed annessi suoi

Divenute adesso, le finanze imperiali
quelle personali dell'Imperatore
la burocrazia, ora senza eguali
della realtà perderà il sentore

Quella dell'esercito dislocato
sugli immensi e lontanissimi confini
e dei Generali viene paventato
il ritorno a casa, per ovvie ragioni

Persino la lingua non è più la stessa
al latino si è sostituito il greco
la vecchia capitale, decaduta e passa
più non se la filano manco di sbieco

Tuttavia vige, ma la carta mente
dicendo l'Impero uno e indiviso
se i due tronchi han vita ora indipendente
li accomuna il limes dal barbarico viso.



CAPITOLO SECONDO

IL LIMES E IL SUO ESERCITO

Il senno di Augusto aveva cercato
frontiere naturali a difesa dell'impero
fra i tre grandi fiumi l'aveva incastrato
il Danubio, l'Eufrate ed il Reno

ma dove si era dovuto varcarli
per annettere e presidiar qualche zona
i confini dovettero fortificarli
il che alla parola limes s'intona

va da sé che l'opera gigantesca
fu costruita da generazioni
ma per guerra improvvisa o per sicurezza
spesso dovevan spostarne i confini

non vi era un piano dello Stato Maggiore
ma le tattiche di singole guarnigioni
cosicché non era dappertutto uguale
tranne le costanti di quelle costruzioni

c'erano avamposti, muniti di fossati
la terra battuta formava un bastione
le palizzate coprivano i lati
e v'eran torrette per l'osservazione

gli accampamenti, che furono tende
delle legioni in linea offensiva
ora eran fatte di calce e pietre
ossia villaggi per la compagnia

più indietro, grandi accantonamenti
vi bivaccava il grosso delle armate
pronti ad accorrere combattenti
quando le linee eran minacciate

ma erano linee di sorveglianza e difesa
e dimostrarono inadeguatezza
Pitti, poi Franchi, e poi Alemanni
le avevan sfondate in scioltezza

Quanto più larghe si facevan le brecce
tanto più ogni singola citta dell'Impero
costruiva il suo limes, e con le sue frecce
si difendeva dallo straniero

qui gli architetti eran ricercati
divennero ricchi, e l'assessorato
all'edilizia, per i fondi stanziati
era l'incarico maggiormente ambìto

era riuscito al governo romano
d'impedire il formarsi delle città-stato
con la sua cultura e la spada in mano
ciò che la Grecia avea funestato

ma a questo cambiamento si aggiunse
quel dell'esercito – che fu decisivo
il cittadino, ex-soldato assunse
un comportamento passivo

già Diocleziano e Costantino
avean separato le due carriere
e arruolati i barbari nelle proprie file
preannunciarono un bieco destino

si divise l'esercito in due armate
una di campagna una di frontiera
la seconda era immobile, e nelle sue giornate
intraprese una strada assai nera

avevano messo radici sul posto
eran soldati mezzi contadini
sposarsi alle indigene pareva giusto
e presto divenne il costume dei primi

la "cortina di ferro" di tale Impero
venne ad essere ora un terreno misto
una zona d'incontro tra romano e straniero
e la lingua un dialetto tra il latino e il tedesco

l'armata di campagna non era migliore
essendo diventata oramai tedesca
non conosce Stato e disciplina superiore
era mercenaria... una strana tresca

cultura non aveano assimilato
non potevan fare carriera civile
da molti il latino, addirittura ignorato
li costringeva a quella militare

le cosiddette "invasioni barbariche"
furono dunque, in senso primario
un fenomeno interno: istituzioni cariche
di promiscuità – ma fu volontario?



CAPITOLO TERZO

I BARBARI


Descritti dai primi scrittori romani
tra lo stupore e l'ammirazione
avevano gli occhi e i capelli chiari
e facevano tutto in comunione

Scesi dai territori norreni
- così raccontavano le leggende orali
eran capaci per un nonnulla
d'intenerirsi o venire ai pugnali

erano effimere le loro capanne
dacché si nutrivano di selvaggina
e quando esauriva ormai tra le canne
essi emigravano in un'altra zona

Hitler riprese, duemila anni dopo
il loro nucleo organizzativo
ovvero il gau, che aveva lo scopo
di fornire soldati all'esercito attivo

esso era un gruppo di molte famiglie
che fornivano mille, millecinque guerrieri
si riunivan talvolta in assemblee plenarie
per eleggere un Re, o una guerra veri

Qual differenza fondamentale
tra il barbaro ed il romano cittadino?
che il secondo era parte di un universale
mentre il primo individuo senza vincolo alcuno

quando un popolo barbaro ne vinceva un altro
non lo riduceva però in schiavitù,
ciò era incompatibile col nomadismo:
e lo arruolava invece nella sua tribù.

Non si chiamarono i Longobardi
per via scontata della lunga barba
bensì per un'ascia chiamata barda
o almeno così si scoprì più tardi

I Franchi, derisi per l'abitudine
di radersi accuratamente il volto
devono il nome alla consuetudine
di usar la "francesca" in combattimento

Si riconobbero invece i Burgundi,
dal burro rancido che nei capelli
quei ragazzoni alti e robusti
sempre spalmavano per farsi più belli

I primi Ostrogoti e Visigoti
che diedero una spallata all'Italia
facevano parte di un popolo: i Goti
originario però della Svezia

non possedevano una lingua scritta
e solamente nel secolo sesto
per le affezioni di cultura latina
le lor tradizioni ebbero un testo

disse Giordane, tra storia e leggenda
che quattro secoli prima di Cristo
con sole tre barche, a loro rischio
mossero in Germania a piantare la tenda

rimasero nella Prussia Orientale
a ridosso dei Vandali, or guerreggiando
poi a sud-est vollero virare
ignari del guado che li stava aspettando

in Lituania vi eran paludi
che inghiottirono ben la metà di loro
spettri e lamenti degli affondati
si posson sentir dieci secoli dopo

viaggiarono anni, forse decenni
poiché si spostavano pesanti e lenti
in mezzo a soste, e combattimenti
e deviazioni perenni

quando ragginsero infine il mare
quel che a dir bene, era il Mar Nero
il loro giubilo fu certo immane
dice il cantore sincero

qui si stanziarono e poi si divisero
in Visigoti, Ostrogoti e Gepidi
secondo le rotte che intrapresero
e verso l'Impero guardarono intrepidi

fu guerra fredda oppur guerra calda
ma tra alcuni resse ben l'amicizia
vi si arruolarono, ed essa fu salda
ma essere misti, entrambi li vizia

La prima vera azione di guerra
contro i Romani, è nel due-e-cinquanta
quando sul trono ancor c'era Decio
Cniva lo vinse con furia tanta

fu la battaglia di Filippopoli
invero conclusa per un tradimento
fatto sta che adesso, agli occhi dei popoli
Roma non era più invicta da tempo

attaccarono Troia, Bisanzio, Efeso,
Corinto, Sparta, poi Argo ed Atene
ben oltre il limes si fecero largo
sparsero il seme

Poi Claudio II, in guerra di Serbia
avea dal passato tratto lezione
cavalleria più caparbia
fece miglior prestazione

cinquantamila Goti stecchiti
altri sospinti tra monti e paludi
ma i lor cadaveri, infetti ed ignudi
quanti ne aveano appestati!

Il successore Aureliano portò
a Roma il goto sconfitto
però la pace non gli negò
e alla Dacia gli diede diritto



Qui diventarono civilizzati
si mescolarono alla popolazione
locale di uomini già romanizzati
impararono lingua e religione

a fargliene dono fu un uomo solo
Ulfila, un goto di razza non pura
era seguace del culto ariano
lo mandarono a spandere quella cultura

inventò una lingua di sana pianta
il Gotico - e poi la Bibbia tradusse
la fatica fu senza dubbio tanta
affinché tanto seguito avesse

tutti i tedeschi, salvo Sassoni e Franchi
di quella lingua ebbero contagio
la fede di Ulfila appresero in tanti
ma non era cattolica, e fu un presagio...


Il giorno che i Goti videro gli Unni
ne ebbero invero tremenda impressione
ne furon sconfitti, e per ottant'anni
stettero sotto il loro tallone

cercaron rifugio in Roma, oltre il limes
li supplicarono di poter passare
Valente accettò, ma oltre quel confine
c'erano accordi da rispettare

furono invero malamente spogliati
di tutti i loro migliori averi
i gerarchi si erano accaparrati
i giovanotti migliori come schiavi

e le più belle ragazze come concubine...
diedero ai barbari brutto spettacolo
questi Romani di cultura fine...
finì il miracolo

vi furono moti di ribellione
da tutta la Tracia affluirono i Goti
ad Adrianopoli fu distruzione
per le truppe romane e i suoi duci

di Valente dissero gli storici cristiani
che era caduto a espiazion del peccato
d'aver consentito di restare ariani
a chi il Danubio avea traversato



CAPITOLO QUARTO

TEODOSIO


Tutto sembrò sul momento crollare
senza un esercito e senza una guida
restava ad Est, un gran generale
a continuare l'infausta sfida

Si chiamava Graziano, risoluto ed abile
teneva testa a Franchi e Alemanni
ma l'Impero d'Oriente, con il trono vacante
temette qui che il nemico lo scanni

avanzando l'orda dei gotici popoli
e aspettandoli ormai guarnigioni vuote
che li videro in marcia verso Adrianopoli
venne loro in aiuto il paese delle garrote

Graziano lo scelse: era ormai in pensione
questo vecchio generale di nome Teodosio
figlio di un omonimo, glorioso nome
che finì sul patibolo anziché sul podio

Luogotenente del vasto impero
non si sa come avesse fatto carriera
ma difese Britannia, poi in Africa il Moro
soffocò rivoltoso sotto la sua bandiera

fu la sua ricompensa la condanna a morte
e nessuno è riuscito a far luce su ciò
si sa solo che egli, informato della sorte
volle sol battezzarsi: poi sereno spirò.

Il suo omonimo figlio, Duca di Mesia
dopo buona carriera, si ritirò in Spagna
a vita privata, sino a che Graziano
tale ruolo gli assegna:

di essere orben l'Imperatore d'Oriente
e ci si chiede perché proprio un come lui
che orfano di padre, figlio di un innocente
poteva covare propositi bui

Teodosio e Graziano svolsero a quattro mani
politica accorta nei confronti dei Goti
che fallendo l'assedio di Adrianopoli
scorrazzavano or nei Balcani

Se non v'era un esercito per affrontarli
in una diretta battaglia campale
si misero ai lati a logorarli
ma tendendo una mano, per riconciliare

Il loro capo, Atanarico
aveva giurato di non mettere piede
- nemmeno se l'Unno barbarico incede -
a sua volta sul suolo dell'Impero nemico

però gli Unni tornarono nel trecentottanta
non rimase che chiedere ospitalità
traversato il Danubio, al sovrano di là
dal momento che la pressione fu tanta

Non fece Teodosio come Valente
e lo accolse invece con cortesia
lo coprì di doni, e da uomo galante
fino a Costantinopoli gli spianò la via

qui profuse il Barbaro la sua ammirazione
per quella ignota, magnifica città
e rivolse al suo Re la sua venerazione
disse "chiunque lo tocchi, commette empietà"

L'onorò Teodosio, alla sua morte
cavalcando in persona dinanzi alla bara
questa cerimonia impressionò forte
gli Ostrogoti presenti, or fedeli a chi impera

ma questi eran solo una minoranza
v'era grande inquietudine ad Occidente
Massimo dall'Inghilterra, discese in Francia
assassinò Graziano, il colto e brillante

questo pio Imperatore aveva commesso
soltanto due errori, ma ahimé molto gravi:
pensar più allo sport che allo Stato stesso
e di sceglier tra i barbari i suoi ufficiali

Egli lasciava, come suo successore
il suo fratellastro Valentiniano II
a costui – ragazzino - non restò in queste ore
che la madre Giustina a 'sto mondo

Massimo, altro generale spagnolo,
per il momento non minacciò il ragazzo
non pretese il titolo di Imperatore
a evitar di Teodosio lo scazzo

Non reagì però questi, a quel pessimo affronto:
l'uccisione del suo vero amico e collega
cui doveva il trono, e per la sua indecisione
lo pensarono ingrato, e coinvolto nella bega

egli era un carattere non ben penetrabile
ma ogni vero spagnolo ricorda un detto
quello che ai giorni nostri è ancor memorabile
la vendetta è un piatto da servire freddo...

per quattro anni, lungi dal protestare
per il regicidio e usurpazion del comando
continuò amichevole a comunicare
per missiva con lui - cosa stava pensando?

S'avviò il regicida verso l'Italia
dove Giustina governava malamente
in nome del piccolo Valentiniano
denunziando a Teodosio quell'arrogante

era doppio, e insaziabile la sua ambizione
e quando ella lo vide traversar le Alpi
spedì oltre Adriatico la sua apprensione
per i figli, sulla prima nave che salpi

s'incontrò con Teodosio a Salonicco
e gli diede in sposa sua figlia Galla
lui in contropartita diede a Vale il diritto
al trono d'Occidente, per tenerlo a galla

si muoveva invero verso L'italia
e questo starebbe a dimostrare
che non eran state le truppe a mancare
ma qualche proposito che svelar non si voglia

però queste truppe, bisogna dirlo
per la gran maggiornaza era gota
contro d'esse stavano quelle di Massimo
che eran Franche, e la cosa era nota

Stilicone, Saro, Abrogaste...
questi i nomi dei gran generali
ed invano ne cerchereste
di più familiari

fu battuto Massimo, a Leybach,
ad Aquileia, dove fu catturato
confessò i suoi misfatti e in catene
fu decapitato

Quattro anni seguiron di pace
fu l'Impero di fatto riunificato
Valentiniano regnava in vece
di Teodosio, sotto il suo tutorato


però nel trecentonovantadue
fece ahimé la fin di Graziano
stavolta il ribelle si chiamava Abrogaste
generale Franco, rozzo e villano

gli affidò Teodosio lo Stato Maggiore
e costui in sostanza si montò la testa
non gradiva un pischello come suo superiore
la superbia è funesta...

ucciso il giovane Imperatore,
ebbe ora il buon senso di affidarne il posto
non a sé, ma ad un retore, un dotto signore
che tra i "rispettabili" aveva già un posto

Il generale franco, probabilmente
lo prediligeva perché pagano.
Di nuovo - come nel caso di Graziano,
Teodosio prese con calma l'evento scottante

la moglie Galla, esigeva vendetta
lui l'accontentò solamente quel giorno
che morì partorendo una figlioletta
Galla Placidia, di cui vedremo il ritorno

fu questa battaglia, l'ultima invero
che si combattè per gli dèi pagani
fra onirici auspici vinsero i cristiani
ed il barbaro era tra loro.



mercoledì 25 gennaio 2017

L'oceano sostiene le navi


Farsi travolgere dai sentimenti
- pensiamo all'indignazione ed all'ira
produce solo poesie perdenti:
domina esperto l'aria che tira

canta il prospetto di una vittoria
materialmente puoi non aver vinto
ma se la carta vuole aver gloria
domi la mente il tuo labirinto

debellare in scioltezza le contingenze
brama di tutti i soggetti ambiziosi
comporta aver fatto mille esperienze
forza di cui siamo tutti invidiosi

come vorremmo un carattere brusco
che non risente della durezza
con cui tratta il prossimo e lo guarda fosco
da intoccabile altezza o bassezza

invece le nostre miglior creazioni
dobbiamo alla sensibilità
che l'ingiustizia delle altrui azioni
spezza – col tempo – a metà

ché molti pensano che trattarti da uomo
significhi farti sentir lo stridore
di un giudizio erroneo dal barbaro suono
ossia procurarti, vile, un dolore

ogni virtù che non hai trasformato
in una azione vincente
poiché mancava un contesto adeguato
pone un furore cocente

pronta sublima in lettere il moto
per convogliarlo lontano
e chi s'infervora del tuo fuoco
muove per te la sua mano

godrai in chiunque agisca in tua vece
questa la reincarnazione
muore quel mondo che invece
ha fatto di un grande un barbone

uomo imbecille si credea portavoce
di ciò che non c'entra con lui
la sua reazione mi ha detto invece
che non fa parte di noi

quelli che han visto tanto davvero
e non si stupiscono più
e mortificaron l'intero
ego – per giunger lassù

lo stronzo non ha mortificato niente
ma mi ha costretto a capire
che devo cercarmi un nuovo frangente
un personale avvenire

che non comporti aver dei compagni
di qualsivoglia fazione
oltre che pochi guadagni
in generale scarsa attenzione

già prima, un essere inqualificabile
innescò cosmico il danno
il complotto più miserabile
mi fece uscire di senno

oppure fu questo a creare il complotto
ma non importa perché
il risultato è già detto:
doverti chiudere in te

sarebbe infausto ogni sodalizio
meglio che ti abbian tenuto
a cauta distanza, questo e quel tizio
ti avrebbero sol danneggiato

puoi adagiarti nella piccolezza
laboratorio animato
di solitaria bellezza
contemplazione del prato

studio di tutte le erbe
mentre di qualcosa campi
tanto sarai sempreverde
anche se arranchi

e taglierà col tempo un po' meno
l'infame colpa indotta
ti aiuterà in un baleno
l'arte incorrotta

musica penetrerà immortale
lama di adrenalina
a il mio malessere dilacerare
spazzarlo, porlo in sordina

c'è un palcoscenico ambito e inadatto
cui spesso poni te stesso
quasi che ogni tuo atto
dovesse sfiorare l'eccesso

lo sfiorerà – come hai detto prima
ma per le imprese di molti
tutte agiranno in rima
contro gli stolti

sei stato già estremo tu, nel tuo campo
è ora di rappiccinire
di ritirarsi nel limbo
per non morire

sii lieto d'incedere nel territorio
dopo le aspre sconfitte
armi di repertorio
divengono le lame inflitte

se anche la bella parte del film
par non cominciare mai
procedi sempre così
contro i tuoi guai

si giungerà alla performance perfetta
tramite vita atroce ed inetta

a difender la forza indebolita
impara le armi della meschinità
vincerai questa partita
e non sarebbe viltà

studia ben l'uomo moderno
prima del nuovo conflitto
cogli di lui ciò che è eterno
e della storia, ogni delitto

gestisci ben la paura
anche i nemici ne hanno
barca che avanza sicura
riceverà meno danno

siam sostenuti dal nostro talento
come l'oceano sostiene le navi
l'onda più alta su cui mi cimento
l'han costruita i miei avi

e mentre ormai langue la vista
spazzando si tanto raggio
chiudo col verso che non mi arresta:

vuol continuar questo viaggio. 


giovedì 19 gennaio 2017

Risalendo la china



Io non potrei esser profondo
se non mi fossi posto di sbieco
precipitando sulla slavina
di questo monte che chiamo "bieco"

potevo essere anch'io lassù
a far combutta coi superficiali
proni e supini verso ogni tabù
che il lor benessere non gliene cali

Se chiamo vile il superficiale
detengo allora le mie ragioni
ché la pigrizia verso il male
ben ne acuisce gli sproni.

Ecco realizzi quanto poco valgano
io loro sdegni, i loro sprezzi
vicini al fuoco si scaldano
odiano invero se stessi

se tra le dieci fiamme dell'etica
han scelto quella più tiepida.

Impara questo, ragazzo
per una vita futura
il più delle volte, il riso è imbarazzo
l'indignazione paura

E dietro le mosse della perfidia,
giace superba l'invidia.

Se pensi d'invidiar loro,

unisciti al coro!



lunedì 16 gennaio 2017

Gioirò nel sole, dormirò alla luna


Come gioca ingenua la volontà
incapace di auto-determinarsi
al maggior piacere si rivolgerà
le cui proporzioni sanno ben cambiarsi

la bilancia mi obbliga a questa scelta
cambierà l'aspetto radicalmente
ma nel più profondo della mia mente
striderà menzogna ancora indivelta

e m'inchioderà, questo mio passato
ancorché il presente lo trasfiguri
tingerà di aloe i progetti futuri
finché erroneamente sarà interpretato

ci sarà comunque una distensione
sono anni nuovi, da sperimentare
sarà bello andarsene, e quanto a tornare
lo dirà il clima della stagione

per adesso il prossimo non collabora
si difende, non vuole darti corda
scarica due sacchi di ciò che ti ammorba
e una più precisa soluzione elabora

ti sentirai meglio, e passerà il tempo
vale a dir che il piano sprofonderà
l'uomo sarà sveglio, e dall'epicentro
finalmente il coro si ribellerà

ed allora ecco, che della ricetta
una volta invisa, non faranno a meno
fonte del buon senso, che allor negletta
or disseterà questo luogo ameno

chi al mio tormento avrà preso parte
lui sarà già morto, e quanto ai suoi figli
sentiranno il peso delle nuove carte
come colpa immonda che appassisce i gigli

sarà ogni concetto disinfettato
non avrò nel gesto o in parola alcuna
mai commesso l'ombra di un vero peccato
gioirò nel sole, dormirò alla luna

e per sgravio d'onta, tutti i mediocri
non potranno fare orbene che questo:
obbedire agli ordini dei testi sacri
come si addice ad ogni modesto

sarà qui che li potrò perdonare
quella vita infame che avevo dietro
vedrà adesso il modo di ricominciare
sarà un'era nuova, e non si torna indietro.

domenica 15 gennaio 2017

Fino alla prossima eclissi



Sognai un incubo più creativo
di fantasie romanzesche
il mio pensiero divenne vivo
in tutte le sue tresche

solo per pochi fu sempre così
li chiamo quasi fratelli
sono coloro che restano lì
e dopo morti son belli

che non si coglie, in una giornata
se prima lo pensi o lo vivi
la concezione a lungo cercata
ci precedeva sui clivi

par che ci mise un dio in questa landa
acché la scrutassimo acuti
e il dissestato terreno che sbanda
ne ricevesse gli aiuti

ma non ci fu belvedere dorato
forse però basterebbe
a tinger la Critica di questo stato
essa che lo cambierebbe

invece siam stritolati qua
ruote dentate dell'ingranaggio
sadiche inducono il pensiero là
verso il suo fine, il suo maggio

ed il percorso è meccanico sai
se anche una regola rompo
una più fonda la rispettai
stratificato è sto mondo

duce il destin chi lo segue
trascina chi non lo vuole
sempre è cercando tregue
che indirizziam queste suole

e ritti nelle radure,
scriviamo pietre miliari
fuggono alcune paure
brividi amari

quando di nuovo un cavallo avanza
su quelle strade perdute
sente, per l'eco della tua danza
forze un po' meno sparute


Rispettabili son quei soggetti
che ben si sbattono - ignari
dell'ingiustizia dei pilastri eretti
dai padri fondatori

però ahimè eroici sono soltanto
quelli che mettono in discussione
quelli che inclinano il banco
cambiano direzione

quelli che per le lor prestazioni
sono pagati a schiaffoni
ed a premiare l'impegno
vedono solo lo sdegno

quelli che tante incostanze
devono ad intolleranze,
più che legittime, e a tutte le scorie,
e le passate memorie

quelli che immersi tra dubbi e tormenti
mai si concilian gli eventi
quelli che prima si dannano
e poi auto-condannano

quelli che esposti alle acerbe coscienze
vedon stuprate le usanze, le scienze
quelli che al bosco del vetro
non tornano indietro

ed agognando una nuova erba
l'han concimata con merda
quella che sono costretti a sentirsi
trasfigurando gli intarsi

e molto a lungo potrei continuare
ma si diventa prolissi...
assaggia i raggi residui del sole
fino alla prossima eclissi