Frena l’indignazione brutale
per chi tutto ti chiede di spandere intorno
gioia che niente ti seppe donare
e nessuno – entro questo squallido stormo
Fa profondo ricorso a ogni tua risorsa
vinca ugualmente la gemma infangata
solo tuo sarà il merito lungo la corsa
d’averla soccorsa e lucidata
Potrai infine infliggere a loro
stessa e più cinica trascuratezza
già navigando la tua barca nell’oro
ormai lontana dalla bassezza…
Sol che la notte ti grida impietosa
il tuo esser nessuno e tenere nulla
e i ricordi fisici di una vita odiosa
che giammai emerse, se mai stette a galla
Pregustan le linfe i piaceri autunnali
non sembrano dolci castagne, né fichi
ma solo le acredini stagionali
di chi si privò di quelli più antichi
Di resistenza, umiltà, gavetta
parlano senza cognizione di causa
genti all’intorno – e ciò grida vendetta
per chi dal tormento non conobbe pausa
Non è umiltà, bensì umiliazione
quella che ancora chiedono a me
che nulla ho da meno di quelle persone
e devo pigliarne ordini – ahimè
E ancora paziente nel costruire
non voglio essere – ché è già tardi
sarebbe il tempo del quieto gioire
già che sei arrivato, e per via d’azzardi
Se quel che ho fatto contro il sistema
l’avessi fatto dentro di esso
avrei la Ferrari, villa con piscina
l’oro nei bagni e statue all’ingresso
Invero al prossimo non devi appigliarti
quel che provi non sa, e non si risente
se la tua vita continua a umiliarti
e non realizzi un bel cazzo di niente
Certo che tu ad alzare la cresta
cento volte hai provato, ma poi concludendo
quanto sia vana ogni fiera protesta
in un mondo alieno, che però sta finendo
Finirà lentamente, quanto la tua vita
ma è ovvio che puoi ottenerne ben poco
se già non ti converti a questa partita
fanculizzi il passato, e ti rimetti in moto
Subalterno è il destino di chi controcorrente
cresce ben le sue idee – verso il giorno fatale
resistenza strenua di corpo e di mente
sarà ripagata dal ruolo apicale.
Non puoi esser gaudente e rivoluzionario
ma pensarlo fa parte ben del percorso
ogni dubbio rispecchia un mondo falsario
e le spine di cui assaggiasti il morso.
per chi tutto ti chiede di spandere intorno
gioia che niente ti seppe donare
e nessuno – entro questo squallido stormo
vinca ugualmente la gemma infangata
solo tuo sarà il merito lungo la corsa
d’averla soccorsa e lucidata
stessa e più cinica trascuratezza
già navigando la tua barca nell’oro
ormai lontana dalla bassezza…
il tuo esser nessuno e tenere nulla
e i ricordi fisici di una vita odiosa
che giammai emerse, se mai stette a galla
non sembrano dolci castagne, né fichi
ma solo le acredini stagionali
di chi si privò di quelli più antichi
parlano senza cognizione di causa
genti all’intorno – e ciò grida vendetta
per chi dal tormento non conobbe pausa
quella che ancora chiedono a me
che nulla ho da meno di quelle persone
e devo pigliarne ordini – ahimè
non voglio essere – ché è già tardi
sarebbe il tempo del quieto gioire
già che sei arrivato, e per via d’azzardi
l’avessi fatto dentro di esso
avrei la Ferrari, villa con piscina
l’oro nei bagni e statue all’ingresso
quel che provi non sa, e non si risente
se la tua vita continua a umiliarti
e non realizzi un bel cazzo di niente
cento volte hai provato, ma poi concludendo
quanto sia vana ogni fiera protesta
in un mondo alieno, che però sta finendo
ma è ovvio che puoi ottenerne ben poco
se già non ti converti a questa partita
fanculizzi il passato, e ti rimetti in moto
cresce ben le sue idee – verso il giorno fatale
resistenza strenua di corpo e di mente
sarà ripagata dal ruolo apicale.
ma pensarlo fa parte ben del percorso
ogni dubbio rispecchia un mondo falsario
e le spine di cui assaggiasti il morso.
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